Il caso dell'automobilista trevigiano scagionato dai giudici per "particolare tenuità del reato". Buon senso o grave precedente?
SAPER BERE Tutto è bene quel che finisce bene, anche se mai come in questo caso il "bene" è una questione di punti di vista, mentre il "bere" è un dato di fatto. Un comportamento che per taluni giudici non è del tutto "male", nemmeno prima di mettersi al volante. Notizia di questi giorni, il processo all'automobilista sorpreso dagli agenti il 1° maggio 2016 a Villorba (Treviso) con un tasso alcolico di 1,10 g/l, vale a dire più del doppio della soglia legale (0,5 g/l), si è concluso con la piena assoluzione. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso che la Procura generale di Venezia aveva presentato dopo che in Appello l'imputato aveva conquistato la vittoria (qui l'articolo), venendo scagionato per "particolare tenuità del fatto". Nella sentenza, si legge, "guidava piano, non ha provocato incidenti ed ha collaborato con la Polizia Stradale". Quindi a farla franca basta così poco?
CODICE ALLA MANO Per la prima volta in materia di guida in stato di ebbrezza, un Tribunale ha in sostanza applicato l'ex Art. 131-bis del Codice Penale, quello appunto che descrive gli estremi dell'assoluzione per particolare tenuità del fatto. L'articolo delinea "una causa di non punibilità di natura sostanziale che risponde alla concezione gradualistica del reato e ai principi di sussidiarietà e proporzionalità del diritto penale. L'istituto risponde altresì ad una logica deflattiva, mirando a diminuire le fattispecie che, nonostante il superamento della soglia della tipicità, non giustificano l'irrogazione della pena, ma piuttosto una sanzione civile finalizzata ad attuare la tutela risarcitoria e/o ripristinatoria". Sempre citando l'Art. 131-bis: "Per effetto della particolare tenuità, pur rimanendo il fatto in astratto penalmente rilevante, il modesto disvalore che lo caratterizza in concreto fa venire meno l'interesse punitivo penale dell'ordinamento".
(IN)CERTEZZA DELLA PENA L'episodio è un precedente che, in un quadro culturale dove assumere bevande alcoliche prima di mettersi alla guida è un'abitudine frequente, tra i giovani come pescando tra gli automobilisti adulti, non passa certamente come pubblicità progresso. Rispecchia dopotutto l'impressione di un ordinamento che, fatte le leggi, le applica a discrezione del giudice del caso. Il messaggio è quello che certezza della pena non vi è neanche dopo aver commesso un reato grave (il Codice della Strada punisce il tasso alcolemico tra 0,8 e 1,5 g/l con sospensione della patente fino a un anno, ammenda fino 3.200 euro e arresto fino a 6 mesi), neanche dopo che questo è stato certificato in modo strumentale, neanche dopo una (normale) condanna in primo grado. Sentenza shock a parte, guidare ubriachi è un rischio per sé e per gli altri. È irresponsabile, e se anche la legge chiude un occhio, alla condanna morale non può sfuggire.