A sollevare il tema è il quotidiano Detroit News. Buona parte dei test vengono svolti in luoghi caldi. Ma che accade, in caso di neve?
SCACCO MATTO Telecamere che inquadrano la strada, sensori che rilevano gli ostacoli, radar a ultrasuoni che mantengono la distanza dagli altri veicoli. Prodigi della guida autonoma, ma che accade se la visibilità non è ottimale? Provate a pensarci: una fitta coltre di nebbia, un spesso manto di neve, un perfido strato di fanghiglia. La segnaletica si eclissa. E un intero arsenale tecnologico che viene completamente neutralizzato.
WINTER AUTONOMOUS DRIVING A sollevare in questi giorni il tema è il quotidiano Detroit News. Limitatamente, almeno, ai costruttori statunitensi, gran parte dei test di vetture a guida autonoma si svolgono in California, Nevada e Arizona. Stati baciati dal sole e da temperature calde per 365 giorni l'anno, o quasi. Questo per dire che se in condizioni meteo favorevoli la guida senza conducente ha ormai raggiunto un grado di efficienza prossimo alla perfezione, in caso di maltempo la messa a punto dei sistemi non è ancora pronta. In particolare, se la neve o una pioggia intensa coprono la segnaletica sia verticale, sia soprattutto orizzontale, il programma di autonomous driving potrebbe andare in tilt. E ritrovarsi a dover implorare aiuto al caro, vecchio, cervello umano.
FORD PIONIERE Affinché l'auto a guida autonoma possa rimpiazzare la guida "analogica" in qualsiasi condizione, molto lavoro ancora resta da fare. Ultimamente, tuttavia, da parte dell'industria Stars & Stripes è in corso una task force per accelerare la soluzione del problema neve e ghiaccio. Ford sta ad esempio intensificando i test sul proprio centro prove di Mcity, un ampio terreno di 32 acri nei pressi di Ann Arbor, nel Michigan. Località dove da ottobre a marzo la neve e il gelo sono di casa. I percorsi ricavati all'interno di Mcity sono però dettagliatamente mappati attraverso cartografia 3D. Significa che se anche la segnaletica non è visibile, con la rete di sensori e videocamere che quindi va fuori uso, ugualmente l'auto sa esattamente cosa fare. Ma che accadrebbe, invece, in caso di strade sconosciute alle mappe ad alta definizione?
REDUNDANCY IS THE KEY La parola chiave, a quanto pare, è "ridondanza". Nel linguaggio tecnico, la ridondanza è la caratteristica di un impianto, un'attrezzatura o un sistema informatico in cui sono presenti più elementi (generalmente il doppio di quelli necessari) capaci di svolgere la stessa funzione, così da aumentarne l'affidabilità. "Stiamo lavorando a un programma - spiega al Detroit News Jim McBride, direttore tecnico per Ford, divisione autonomous vehicle - in base al quale la tecnologia prioritaria cambia a seconda delle condizioni di marcia. Se i sensori rilevano una nevicata in corso, oppure una superficie di asfalto viscido, il sistema attiva funzioni elettroniche alternative già presenti a bordo". Ridondanza come collaborazione tra diverse soluzioni: se l'auto è cieca, si potenzia l'udito. Se l'auto ha otite e congiuntivite insieme, entra in azione la memoria. E così via.
GUIDA UMANA ON DEMAND Probabile che i primi veicoli a guida autonoma di produzione di serie, attesi - almeno negli States - a partire dal 2020 circa, in caso di condizioni avverse saranno ancora programmati per lasciare al conducente il controllo del mezzo. La guida automatica vera e propria sarà in qualche modo geolocalizzata, riservata cioè a specifici habitat dove il grado di interazione tra l'auto e le infrastrutture sarà già ottimale. Prima o poi, tuttavia, la tecnologia a guida autonoma dovrà eguagliare, anzi superare le abilità umane anche in caso di aderenza precaria o visibilità ai minimi termini. Una sfida, è il caso di dirlo, che mette i brividi. Ma una sfida, anche, mai così affascinante.