Da Costruttori auto a fornitori di mobilità, dal prodotto al servizio, dal reale al ''phygitale'', eccetera. Quante volte abbiamo sentito ripetere slogan come questi dai manager delle Case auto stesse, impegnate a tenere il passo dei cambiamenti imposti da una società che giorno dopo giorno si straccia uno strato della vecchia pelle, in un processo di metamorfosi che sembra perpetuo. E se da un lato l'automobile fa bene ad aggiornarsi, dall'altro lato è bene pure che, oltre a strati di membrana esterna oramai secca, non si strappi via anche le radici.
Herbert Diess, ex CEO Volkswagen Group
IL CASO DIESS I giorni scorsi, durante la rassegna stampa del mattino, leggevo con interesse le pertinenti riflessioni espresse su Automotive News Europe da Arjen Bongard, giornalista esperto sia in materia di motori, sia di temi più legati alla tecnologia. Bongard si chiede se l'avvicendamento tra Herbert Diess e Oliver Blume alla guida del Gruppo Volkswagen sia una scelta indovinata, oppure se - al contrario - non fosse stato più saggio, da parte degli azionisti, sostituire Diess - ingegnere meccanico - con un alto dirigente di estrazione hi-tech. Anziché con un altro ingegnere meccanico come Blume, CEO Porsche.
Oliver Blume, nuovo CEO del Gruppo VW
TUTTO IL POTERE AI SOFTWARE Anche alla luce del mezzo pasticcio dell'operazione Cariad, la società di software del Gruppo VW che stenta a consegnare i suoi servizi nei volumi e nei tempi prestabiliti, Bongard conclude che i tempi sarebbero maturi, per Volkswagen e in generale per i grandi Gruppi, per mettere al timone figure meno ''automobilistiche'' e più ''digitali''. Figure in grado di intercettare meglio i trend di mercato, di orientare quindi gli investimenti verso i prodotti e gli accessori realmente richiesti dal pubblico, insomma di meglio garantire la sopravvivenza dell'azienda nel breve periodo, la prosperità sul lungo periodo. E pazienza per tutti quegli aspetti, come qualità di fabbricazione, legame con il proprio heritage, passione per la guida, che interessano sempre meno.
RIMUGINAZIONI Le considerazioni dell'articolo sono suffragate da argomenti validi e soprattutto formulate in modo pacato e ipotetico. A una prima lettura, non si può non annuire con il capo. Mentre scrivevo di altro, tuttavia, ripensavo a quell'editoriale. E man mano, maturava un senso di distanza dalle idee ivi riportate.
L'IMMUTABILE NEL MUTABILE D'accordo, a causa dell'ingresso delle tecnologie digitali nella nostra sfera individuale, le abitudini di tutti noi sono cambiate e cambieranno a un ritmo ancora più veloce di quanto non sia successo sino ad ora. Di un'auto, ci informeremo ancora sui valori di potenza e coppia, ma sempre di più anche delle proprietà di connettività e automazione. Giusto che un capitano d'industria, di queste cose sia pienamente consapevole. Due fattori, tuttavia, non cambieranno mai. Ovvero: che un'automobile resterà un'automobile, e che un'impresa resterà un'impresa.
AUTO-MOBILE Con la prima tesi, sostengo che la componente meccanica e dinamica, vuoi o non vuoi, conserverà un'importanza primaria: le ruote devono rotolare, i freni, frenare, un vano di carico, caricare. Da qualunque prospettiva la si guardi, la componente software viene dopo.
QUESTIONE DI LEADERSHIP La seconda affermazione, invece, per ricordare a tutti che alla guida di un brand auto può sedere un ingegnere, un informatico, un cowboy. Credo importi poco. Ciò che importa veramente, è che chiunque occupi quel ruolo abbia una visione, abbia il coraggio di rischiare, abbia mentalità imprenditoriale. Che possa contare su una squadra della quale può fidarsi ciecamente e della quale ciascun membro - questo, sì - ha competenze ben precise. Che ispiri a sua volta abnegazione nei suoi collaboratori e simpatia verso i consumatori. La differenza la fa l'uomo, non (soltanto) il suo curriculum.
Carlos Tavares, CEO Stellantis, è il vero ''car guy''
CASE HISTORY Elon Musk non ha portato Tesla dove è adesso perché è un genio dell'hi-tech. Musk è un genio, e basta. Sergio Marchionne non era né un ''car guy'', né un uomo di tecnologia. Però era un leader. Carlos Tavares è il classico car guy, Akyo Toyoda è erede di una dinastia completa di industriali delle quattro ruote. Ma a fare di loro dei CEO da manuale, non è (solo) la padronanza della materia, bensì soprattutto il carattere, la sensibilità, l'intelligenza superiore.
FATTORE (MOLTO) UMANO Gli scenari del futuro li formula un algoritmo, ma il polso del mercato lo misuri stando tra la gente e le scelte vincenti sono originate da quel sentimento che nessuna macchina potrà mai replicare. Quel sentimento è l'intuzione. Meglio ancora se corroborato dalla conoscenza del prodotto. Forse la mia è vana resistenza, è solo che uno Zuckerberg o un Bezos, alla guida di un colosso auto, io non ce li vedo. Non ancora.