Si conclude un'avventura iniziata negli anni Settanta con la Padmini. Sforzi ora rivolti al solo marchio Jeep, sempre più popolare
GIOCO DI SQUADRA C'era una volta un Costruttore che colonizzava nuove terre come un condottiero impavido ed astuto. America Latina, Unione Sovietica, Asia Minore. India. Quel Costruttore esiste ancora, ma ha cambiato mission: del Gruppo al quale appartiene, oggi Fiat è solo uno dei soci. Il Lingotto abbandonerà il mercato indiano e lascerà la gloria solo a Jeep, di FCA l'ariete dalle corna più robuste. Giunge al termine così una lunga storia, un'epopea iniziata come in altri Paesi tramite joint venture con l'industria locale, proseguita poi con la presenza in forma diretta. Fino alla chiusura delle attività, nel nome delle logiche globali.
AMARCORD L'insediamento Fiat in India affonda le radici nei lontani anni Settanta, quando Torino raggiunse l'accordo con l'azienda di Bombay Premiere Automobiles per la fabbricazione su licenza del modello 1100, poi ribattezzato Premiere Padmini (laggiù un comune nome proprio femminile). La produzione proseguì fino al 2000, nel frattempo Fiat rafforzò la sua presenza nel subcontinente indiano stringendo partnership col colosso Tata e commercializzando una gamma intera di vetture costruite in loco, nello stabilimento di Pune: ancora oggi l'offerta include Punto Evo, Punto Abarth, la berlina a 3 volumi Linea, inoltre i Suv Avventura ed Urban Cross.
INDIA LOVES JEEP La concorrenza dei marchi coreani e giapponesi è sempre più forte, la divisione Fiat India rischia di generare ricavi troppo scarsi per poter conservare un ruolo nella galassia FCA. Da qui la scelta, nel prossimo futuro, di cessare la produzione e smantellare a poco a poco la rete. Per convogliare ogni risorsa verso il marchio Jeep, presente dal 2016 nell'emergente mercato indiano coi modelli Compass (anch'esso assemblato a Pune), Wrangler e Grand Cherokee. L'accoglienza è buona, anzi molto buona: Jeep va avanti, Fiat fa le valigie, per i sentimenti nel mercato non c'è spazio.