“La Commissione Europea non fornisce vantaggi o incentivi per gli eFuel rinnovabili (i carburanti sintetici, n.d.r.), quindi distorce l'equilibrio a favore dei veicoli elettrici. La soluzione ottimale è lasciare aperte tutte le possibilità, quindi l'obiettivo non dovrebbe essere quello di immettere sul mercato veicoli elettrici, ma di ridurre la C02. Se un veicolo non emette nulla in Inghilterra, ma viene prodotto con energia sporca in Asia, che aiuto può dare?'': fanno riflettere le parole di Aleksandar Damyanov, responsabile tecnico di Green NCAP, che a margine della pubblicazione degli ultimi studi sull'impatto ambientale delle auto mette in dubbio l'utilità dell'elettrificazione totale, con dati che dovrebbero dare una... scossa a tutti quanti siano, a vario titolo, interessati alla tanto decantata rivoluzione BEV.
STESSA LINEA DI PENSIERO DEI BIG DELL'AUTO Il punto di vista di Damyanov, in particolare quando suggerisce di lasciare aperte tutte le possibilità e di non forzare la mano al mercato con incentivi sbilanciati, è un importante assist ai grandi capitani di industria quali Carlos Tavares di Stellantis, Akio Toyoda di Toyota e Oliver Zipse di BMW, che da tempo sostengono argomenti simili. Assist importante, dicevo, perché non viene da chi avrebbe probabilmente un interesse diretto nel prolungare lo status quo e continuare così a monetizzare investimenti già fatti in passato, bensì da un'organizzazione internazionale supportata da quella stessa Unione Europea, che le auto a motore tradizionale vuol metterle al bando.
Akio Toyoda in drift col braccio alzato
DUE METRI DI VALUTAZIONE L'ultima tornata di valutazioni Green NCAP, come sappiamo, adotta un nuovo metodo sviluppato dal Joanneum Research e sottoposto a verifica dal Paul Scherrer Institute, che vuole pesare l'impatto ambientale dei veicoli (Life Cycle Assessment, o LCA) in modo più completo ed esaustivo. In particolare, non si limita a tener conto delle emissioni totali di gas serra nell'intero ciclo di vita del veicolo, che è un dato fortemente dipendente dal modo in cui viene prodotta l'energia per costruirlo e farlo marciare, ma anche e proprio del suo costo energetico globale in sé: attraverso la ''Primary Energy Demand''.
UN APPROCCIO NUOVO Il calcolo della PED prescinde da come viene generata l'energia, concentrandosi invece su quanta ne serve per ottenere l'automobile a partire dall'estrazione delle materie prime: sommando l'impatto di tutti i modi in cui la natura viene saccheggiata nell'intero ciclo di vita del veicolo, fino al suo smaltimento. In base a questo calcolo, riusciamo a sfuggire ai presupposti miopi delle nazioni particolarmente virtuose, come la Svezia, la Norvegia o l'Europa tutta, che beneficiano di un'alta percentuale di energie rinnovabili (prima delle ripercussioni delle sanzioni contro la Russia in seguito alla guerra in Ucraina). Perché l'energia in sé è limitata e preziosa, da qualunque fonte provenga. Quindi non va sprecata: che sia fornita da centrali a carbone, petrolio o gas naturale, oppure da impianti idroelettrici, eolici, solari o nucleari. Ecco perché, secondo Green NCAP, i consumatori dovrebbero attribuire alla PED la stessa importanza che danno alle emissioni di gas serra.
Dacia Spring
LOTTA AGLI SPRECHI E qui sorgono due questioni importanti. Della prima ho fatto cenno in occasione della mia prova su strada dell'utilitaria elettrica Dacia Spring: è un errore pensare che l'energia elettrica - anche quella delle rinnovabili - sia gratis per l'ambiente, dunque non c'è nulla di green nell'impiegarla nella costruzione e nell'utilizzo di veicoli tanto grandi e pesanti da risultare intrinsecamente inefficienti. Per tutti i tipi di propulsori, la PED più elevata si ha durante la fase di utilizzo, quindi è importante ridurre il più possibile il consumo di ''carburante'', che si tratti di benzina, gasolio oppure elettricità.
IL RICHIAMO A VEICOLI PIÙ RAZIONALII risultati della ricerca Green NCAP mostrano che un grande veicolo elettrico ha bisogno di molta più energia di uno piccolo e che un veicolo elettrico in generale può avere una domanda di energia primaria simile o addirittura maggiore rispetto a un'auto convenzionale comparabile: magari più leggera, quest'ultima, perché non appesantita dalle batterie. Lo stesso Damyanov dice che ''sebbene i BEV compatti e di medie dimensioni mostrino emissioni di gas serra nel ciclo di vita leggermente inferiori rispetto alle auto a propulsione convenzionale nel contesto del mix elettrico medio europeo, i BEV grandi e potenti potrebbero trovarsi nella stessa fascia della maggior parte veicoli diesel o benzina”.
Skoda Octavia SportLine: la station wagon di 3/4 anteriore
SOVVERTE IL PRONOSTICO È la stessa Green NCAP ad affermare che “Sebbene sia vero che i propulsori elettrici sono altamente efficienti e la capacità di recuperare l'energia cinetica mitiga le perdite di energia, l'impatto della massa rimane evidente. L'analisi LCA evidenzia anche i maggiori contributi alla produzione stimata di gas serra della costruzione di una scocca più pesante, di batterie ad alta tensione più grandi e della fabbricazione di più componenti elettrici, come cavi e circuiti di alimentazione''. Non a caso, in termini di costo energetico totale, non è un'auto elettrica a vantare il miglior punteggio PED tra tutte le auto valutate da Green NCAP, bensì la normalissima Skoda Octavia Diesel.
NON È UNA BOCCIATURA È questa una bocciatura delle auto elettriche? Niente affatto, si tratta solo di un invito a valutare la questione in modo imparziale e non tifoso: né dell'elettrico né di benzina o Diesel. E per essere rigorosi, dai numeri di Green NCAP è necessario prendere per un momento le distanze, perché quelle da loro proposte non sono misurazioni esatte, bensì delle stime ottenute anche attraverso semplificazioni piuttosto radicali. Prima tra tutte, che nelle valutazioni non sono state considerate le emissioni di NOx, SOx e particolato. Le auto elettriche non producono NOx e SOx, collegati a patologie respiratorie e piogge acide. Il particolato, che è stato associati direttamente a effetti nocivi sull'uomo, tra cui gravi forme tumorali (ne parlo qui), lo producono in misura nettamente minore, perché non dallo scarico, ma solo quello dall'usura di gomme e freni. Chiaramente è buono e sano supportare l'intento della Commissione Europea di ridurre il più possibile la produzione di questiinquinanti, ma nel farlo va anche sottolineato che le auto non ne sono né l'unica né la principale fonte. E quanto esposto dall'Ente presieduto da Damyanov mostra che i veicoli elettrici non sono una panacea per la crisi climatica.
Una Volkswagen Maggiolino dal meccanico - foto di Ryan McGuire, Pixabay
PRESUPPOSTI DA RIVEDERE? Un'altra informazione che dovrebbe far sorgere più di un dubbio riguarda l'altra parte del punteggio, che finora abbiamo tralasciato: quello relativo alle emissioni di CO2, che sono le più premianti per le auto elettriche. Detto calcolo si basa sul presupposto che la vita utile dei veicoli esaminati sia di 240.000 km percorsi in 16 anni, prima del loro riciclaggio. Ebbene, sappiamo che 240.000 km sono alla portata delle auto elettriche tanto quanto lo sono delle auto tradizionali. Non si capisce però perché per le auto elettriche debba essere considerata ragionevole una vita utile di 16 anni quando la garanzia dei costruttori sulle batterie (con efficienza non inferiore al 75%) non vada oltre 8 anni o 160.000 km. Inoltre non si capisce perché vada ritenuta di riferimento un'età simile, se la critica generale già denuncia come una minaccia per la sicurezza stradale (e per l'inquinamento) l'età media del parco circolante italiano, che con poco meno di 12 anni è già tra i più vecchi nella UE.
NON CHIEDERE ALL'OSTE, MA... Ricordiamoci che da un lato percorrenze e vita utile molto lunghe tirano la volata alle auto elettriche, visto che già altri studi hanno mostrato come il punto di pareggio con le auto tradizionali sia parecchio in là, viste le maggiori emissioni nella fabbricazione delle batterie. Inoltre il progresso accelera, non rallenta. In particolare di questi tempi, che lasciano attendere una grande evoluzione dei veicoli elettrici, prima di una relativa standardizzazione, c'è da scommettere su una precoce obsolescenza degli stessi e non su una loro maggior durata rispetto alle auto tradizionali: proprio come accade per l'elettronica di consumo. Siamo sicuri che quando Tavares, Toyoda, Zipse e compagnia suggeriscono un'evoluzione più graduale, che per i detrattori è il bieco tentativo di tirare l'acqua al proprio mulino, non stiano invece dando prova di equilibrio e buon senso, di fronte a una politica che parla solo alla pancia delle masse?