Non che capiti come il classico fulmine a cielo sereno. Ricorrendo a un'altra frase fatta, casomai, qui è il lupo che non perde il vizio mentre perde il pelo. I più grandi produttori di auto elettriche al mondo stanno trascurando i diritti umani, omettendo di affrontare i rischi legati alla catena di fornitura delle batterie. La denuncia giunge da Amnesty International, che sui diritti umani, si sa, non transige. E in che consiste, di preciso, l'emergenza? Niente che non fosse già stato trattato, anche su Motorbox. Ma il report di Amnesty fa anche nomi e cognomi. E mette in ordine le Case auto in base al grado di (ir)responsabilità sociale.
J'ACCUSE A dare spazio al report di Amnesty International, un lungo documento di 102 pagine, è anche la testata Autocar UK. In sostanza, la nota organizzazione no profit afferma che il fallimento da parte dei Costruttori auto nell'affrontare il rischio nelle loro catene di fornitura mineraria ha potenzialmente lasciato le comunità che vivono più vicine alle miniere, dove vengono estratti cobalto, litio, nichel e rame, ''esposte a sfruttamento, rischi per la salute e danni all'ambiente''. Non un'accusa da niente.
Estrazione di materie prime, il lato oscuro delle batterie (foto: IEED / Flickr)
LA PAGELLA Come parte dello studio, Amnesty valuta le politiche di due diligence sui diritti umani di 13 produttori di veicoli elettrici. Per ciascuno, redige poi una scheda di valutazione che li classifica - su una scala da 1 a 90 in ordine di merito - in base alle loro ''politiche sui diritti umani, processo di identificazione del rischio, mappatura e segnalazione della catena di fornitura e mediazione''. Cosa emerge?
PROMOSSI (?) E BOCCIATI Il punteggio massimo, Amnesty International lo assegna a Mercedes-Benz. Il problema, è che il punteggio di Mercedes-Benz è 51. Sempre meglio di Tesla, che ottiene 49 punti, e di Stellantis, terza con 42 punti. A pari merito Gruppo Volkswagen, BMW e Ford, tutti a 41 punti. Ma ancora più deboli sono le performance registrate da Hyundai, che totalizza 21 punti, da Mitsubishi, soli 13 punti, infine da BYD, la peggiore con 11 punti. Secondo la segretaria generale di Amnesty International Agnès Callamard, i punteggi delle Case auto sono ''una grande delusione''.
BYD: bocciata da Amnesty in vigilanza sui diritti umani
LA PAROLA ALLA DIFESA Amnesty ha dato a ciascun Gruppo l'opportunità di rispondere. E così Hyundai afferma di ''aver riconosciuto la ricezione della valutazione di Amnesty International'' e di ''essere impegnata in una catena di fornitura sostenibile ed etica che rispetti i diritti umani, la protezione ambientale e la sicurezza''. Mercedes, da par suo, ha ricordato la propria collaborazione dal 2018 con RCS Global, un importante revisore ambientale, sociale e di governance, per esaminare la sua catena di fornitura di minerali. BMW è attivamente impegnata nella Responsible Cobalt Initiative per identificare ed eliminare i rischi sociali e ambientali nella sua filiera di fornitura di cobalto. Volkswagen sostiene infine che tutti i suoi fornitori rispettano gli standard della Initiative for Responsible Mining Assurance. Dal canto loro, invece, né BYD né Mitsubishi avrebbero risposto alla richiesta di chiarimenti. Nella produzione delle batterie delle proprie auto elettriche, la totalità dei marchi interessati sono legati tra loro da un minimo comun denominatore. Anzi due. Un minerale, il cobalto. E una nazione, in Africa.
OMBELICO DEL CONGO La RDC, o Repubblica Democratica del Congo, produce circa il 70% del cobalto mondiale, con i principali fornitori che utilizzano tutti materiale estratto dal Paese africano dalle società minerarie. Tuttavia, secondo Rights and Accountability in Development (RAID), le miniere stanno esigendo un tributo devastante su migliaia di adulti e bambini, nonché sull'ambiente.
Cobalto: per il Congo, una risorsa ma anche una condanna (Foto: IEED / Flickr)
PROSCIUGATI ''L'estrazione del cobalto ha contaminato le riserve idriche del Paese'', lamenta il direttore di RAID Anneke Van Woudenberg. ''Abbiamo scoperto che l'inquinamento ha influito sulla salute ginecologica e riproduttiva di donne e ragazze, mentre in alcuni casi l'inquinamento è diventato così endemico, che pescatori e agricoltori non riescono più a guadagnarsi da vivere''. La ricerca RAID rivelerebbe inoltre che il cobalto destinato alle batterie dei veicoli elettrici ''si basa in gran parte su un sistema di manodopera a basso costo e sullo sfruttamento di migliaia di lavoratori congolesi''. Tale affermazione è contestata dalle società minerarie, che nelle loro risposte al rapporto di Amnesty International affermano come i loro processi siano “puliti”, “sostenibili” e “liberi da violazioni dei diritti umani”. Ci risiamo, insomma.
CONTROMISURE Il rapporto arriva in un momento in cui diversi dei marchi leader al mondo stanno intensificando attivamente i loro sforzi per promuovere trasparenza, tracciabilità e responsabilità nelle loro catene di fornitura di minerali. Nel tentativo di migliorare la trasparenza della catena di fornitura, l'Unione Europea lancerà un passaporto per le batterie dal 1° febbraio 2027, necessario per tutte le batterie EV superiori a 2 kWh. Sarà svolta o sarà una misura troppo debole?