Trump attende il verdetto dello Us Commerce Department. Poi agirà. Oltre alla Brexit, un altro colpo all'industria automotive?
MURI DOGANALI Ancora qualche settimana di suspence, poi conosceremo a quale sorte vanno incontro le auto made in Ue che partono per gli Usa. L'impressione è che il biglietto per la trasvolata atlantica sia irrimediabilmente destinato a crescere di prezzo, coi dazi doganali che dall'odierno 2,5% verranno moltiplicati per dieci. Barriere all'ingresso del 25% sul costo del prodotto: per metà febbraio, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti si pronuncerà. E se stabilirà che i dazi sono da considerare una misura a tutela della sicurezza nazionale, niente potrà più fermare Donald Trump, più che mai deciso a inaugurare un nuovo corso di protezionismo a quattro ruote.
NO-WIN SITUATION Degli effetti di eventuali dazi Usa sulle importazioni di auto costruite in Europa, già ne parlammo la scorsa estate (clicca qui per la nostra analisi). Sia i marchi del Vecchio Continente (le tedesche in primis), sia anche i Costruttori a Stelle e Striscie, ammoniscono President Trump: le conseguenze sarebbero gravi, il prezzo medio di un'auto nuova crescerebbe di circa 6.000 dollari, per una spesa annua complessiva superiore di 83 miliardi di dollari. Piangerebbe il mercato, piangerebbe anche l'occupazione, con centinaia di migliaia di posti di lavoro destinati all'evaporazione. Qualora inoltre lo Us Commerce Department approvasse il decreto, la stessa Unione Europea (che attualmente applica una tariffa del 10% sui modelli made in Usa) non starebbe a guardare, aumentando la posta a sua volta, dando vita infine alla classica situazione in cui perdono tutti, consumatori in primis. Non bastasse lo spettro dell'hard Brexit, con tutti i risvolti che avrebbe sull'industria dell'auto, ecco anche la minaccia delle tariffs d'Oltreoceano. Il 2019 non è certo nato all'insegna del libero scambio e della collaborazione tra nazioni.