Parigi promette agevolazioni a PSA e Gruppo Renault, Berlino fa lo stesso con Volkswagen. Quale sostegno, dal Governo, per FCA
NAZIONALISMI... È dura per tutti, grandi o piccoli che siano. In ritardo come tempi di reazione nei confronti dell'epidemia, sia Parigi che Berlino imitano Roma e annunciano misure volte a tamponare la crisi economica che inevitabilmente (e in proporzioni ancora sconosciute) seguirà la fase di emergenza COVID-19. Manovre da decine o centinaia di miliardi per salvare posti di lavoro ed impedire il fallimento delle pmi, oltre che soccorrere il sistema sanitario stesso. In particolare, sia il Governo della Francia sia (in forma meno diretta) in Germania avrebbero già assicurato ai rispettivi marchi auto nazionali massimo sostegno finanziario per riprendere la marcia non appena la tempesta sia alle spalle. Al contrario, sebbene in Italia il lockdown sia in corso da più tempo, all'industria delle quattro ruote (FCA in primis) da Palazzo Chigi non è ancora giunto alcun segnale. Ma andiamo con ordine.
...E NAZIONALIZZAZIONI Notizia dei giorni scorsi, il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire avrebbe già contattato sia Carlos Tavares, boss di Groupe PSA, sia Jean-Dominique Senard, da circa un anno presidente del Gruppo Renault. Ad ambedue i top manager, il Governo avrebbe garantito massima disponibilità a erogare prestiti e a concedere tolleranti proroghe fiscali. In riferimento a Renault Group, ma senza escludere neppure Peugeot-Citroen, Le Maire avrebbe pure sottolineato come l'Eliseo sia pronto addirittura a nazionalizzare nuovamente il marchio, qualora si rendesse necessario per salvaguardare il patrimonio produttivo.
Volkswagen in soccorso della sanità tedesca: produrrà ventilatori
AUTO ÜBER ALLES Dal canto suo, circa la protezione delle Case auto nazionali, Angela Merkel non si è ancora esplicitamente pronunciata. È tuttavia quantomeno improbabile che nel piano a salvaguardia della propria industria, la prima in Europa, il Governo tedesco non abbia un occhio di riguardo per la sua filiera più importante. La stessa richiesta di aiuto alle fabbriche di automobili, causa la necessità di produrre mascherine e respiratori (sia Daimler che Volkswagen hanno già risposto presente), lascia intendere che lo sforzo mostrato oggi in emergenza verrà gratificato in tempi di pace, sottoforma di incentivi di qualsiasi genere.
DONALD DIXIT Al di là dell'Oceano, infine, il presidente Donald Trump non ha tardato a rincuorare i Costruttori auto nordamericani, i cui siti produttivi sono chiusi ormai uno per uno in ogni angolo della nazione (persino Tesla ha tolto corrente alle sue linee di assemblaggio), assicurando loro che una volta passata la bufera del Coronavirus aiuterà ''almeno un po''' il settore a recuperare competitività. Si tenga a mente Trump, vedremo anche perché.
FCA Melfi, produzione ferma. E chissà quale futuro
BYE BYE SHENGEN Ma restiamo in Europa, teatro ormai di una tragedia greca dove ognuno degli attori (leggasi: membri dell'Ue) è preoccupato solo del destino proprio. E in barba a Shengen e altri sotto-trattati di amicizia, libero mercato e cooperazione tra Paesi, alza barricate alte un chilometro, dissotterrando uno spirito nazionalista mai così vivido, probabilimente, dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Ora: perché Giuseppe Conte o chi per lui non ha toccato l'argomento auto? Priorità assoluta al tema sanitario (e guai se così non fosse), un decreto (il Cura Italia) che contiene numerose forme di assistenza a imprese e singole famiglie, ma che non calcola l'impatto di una crisi produttiva e commerciale senza precedenti nella storia come quello che vivrà (e già vive) l'automobile e il suo indotto gigantesco.
UN ''CURA AUTO'' In altre parole: d'accordo una manovra che traghetti gli italiani fuori da una fase di totale blocco della redditività. Ma se la prima azienda del Paese non produce, non vende più auto, non genera reddito, se infine dalle istituzioni non riceve (al pari delle divisioni nazionali delle Case estere) alcun sostegno decisivo di ordine fiscale, finanziario, normativo, chissà che ne sarà di FCA in Italia. Un Gruppo che ha già un piede oltreconfine (una sede operativa a Torino e una a Detroit, inoltre sede legale ad Amsterdam e domicilio fiscale a Londra), che è in predicato di dividere le sorti coi francesi di PSA, che inoltre in Borsa ha perso in un mese oltre il 50% del proprio valore. E che infine, negli Usa, già trova terreno fertile, più che in Europa: non vuoi mai che (alleanza con PSA permettendo) il baricentro si sposti una volta per tutte sull'altra sponda dell'Atlantico. Archiviata l'emergenza (perché prima o poi verrà archiviata), riportare l'auto in buono stato di funzionamento sarà una delle priorità, se non ''la'' priorità, di chi è al governo del Paese.