CORONAVIRUS: LE CONSEGUENZE SUL SETTORE AUTO
Le conseguenze della pandemia - in ambito aumotive - sono sotto gli occhi di tutti: fabbriche chiuse, produzione ferma, calo della domanda di petrolio, discesa del prezzo della benzina. Questa è la situazione attuale, ma provando a fare una previsione, qual è il futuro del mercato auto, in particolare del comparto elettrico? Vediamolo insieme agli esperti di Deloitte.
NEL 2020 -11 MILIONI DI VEICOLI NEL MONDO
Le stime per il mercato dell'auto sono inclementi. Le previsioni, infatti, parlano di un crollo della produzione di veicoli per qualcosa come 11 milioni di unità, dagli 88,9 milioni del 2019 ai 77,9 del 2020. La produzione calerebbe di oltre 2 milioni di veicoli nel Nord America e di quasi 3 milioni in Europa. Le immatricolazioni in Italia, nel mese di marzo, si sono ridotte dell'85%, a quota 28.000. E l'emergenza è tutt'altro che finita, con il dato che è destinato a proseguire il trend negativo per il mese di aprile, e poi chissà...
LE CONSEGUENZE SULL'ELETTRICO?
Se nel medio-lungo termine la transizione verso l'elettrico non è in discussione, anche in funzione degli investimenti in innovazione realizzati (si pensi ai 3,2 miliardi dell'European Battery Alliance) diverso è il discorso sul breve periodo. Se in Europa il comparto dell'elettrico aveva chiuso il trimestre con una crescità dell'80.5%, il blocco degli stabilimenti in Cina (a cui si deve oltre il 50% della produzione di batterie) avrà presumibilmente grosse conseguenze sulla filiera internazionale. Giorgio Barbieri, Partner Deloitte e responsabile italiano per il settore Automotive, commenta così: “Lo sviluppo della mobilità elettrica richiede enormi investimenti pluriennali, oggi poco compatibili con la contrazione dei margini di profitto e la crisi di liquidità delle imprese”.
L'elettrico subirà una battuta d'arresto?
LA SOLUZIONE? PUNTARE NUOVAMENTE SU BENZINA E DIESEL
I prezzi dei veicoli elettrici, inoltre, sono ancora elevati rispetto alle pari versioni a motore tradizionale e, soprattutto in un momento di crisi economica e incertezza reddituale, appare evidente come siano messi in secondo piano rispetto alle più economiche alternative benzina o diesel. Molti possibili acquirenti dell'elettrico potrebbero temporeggiare in merito all'acquisto, o deviare le proprie scelte su veicoli benzina o diesel, resi ancor più interessanti dal calo del prezzo del petrolio. Nonostante il trend di veicoli elettrici (+52.9% nel 2019 rispetto al 2018) ed ibridi (+49.8%) sia in crescita, questi rappresentano comunque una fetta marginale del panorama auto occidentale, con 1 milione e 356mila unità immatricolate in Europa nel 2019. Per sperare di riaccendere il mercato dell'auto pare quindi evidente che imprese e governi non possano far altro che puntare sulle auto ad alimentazione tradizionale, che rappresentano rispettivamente il 58.9% (benzina) e il 30.5% (diesel) delle vendite nel mercato europeo (insieme, il 90% della torta). L'interesse che l'elettrico suscita, tuttavia, fa pensare ad un futuro positivo: in Italia cresce la preferenza dei consumatori nei confronti di auto ecologiche, col 71% che si dice interessato ad ibride/elettriche (ricerca su 35.000 consumatori in 20 paesi al mondo). Sì all'elettrico dunque, ma in un'ottica di lungo periodo.
Il ritorno a benzina e diesel potrebbe aiutare l'industria a ripartire
FAR SLITTARE I VINCOLI SULLE EMISSIONI DI CO2
Non sembra quindi questo il momento in cui rimanere rigidi in merito ai vincoli alle emissioni di CO2. Continuando a penalizzare diesel e benzina si rischierebbe di frenare ulteriormente la già faticosa ripartenza dell'industria, con un ulteriore colpo inferto alle finanze delle aziende automotive. Le conseguenze di ciò potrebbero avere ripercussioni sia nel breve-medio periodo che influenzare sul medio-lungo gli investimenti in innovazione e sviluppo, con risvolti negativi sia sul mondo della mobilità elettrica nonché occupazionali e sociali. La soluzione, dunque, potrebbe essere rappresentata dal far slittare di un paio di anni quelli che sono i vincoli sulle emissioni, così da permettere alle imprese di rifiatare e tornare ad investire in ricerca e innovazione. Il sostegno alla rottamazione dei veicoli più inquinanti tramite incentivi statali e l'introduzione di maggiori benefici fiscali in relazione all'acquisto di nuove auto, armonizzando le aliquote fra i diversi paesi dell'Unione, potrebbero aiutare a risollevare le sorti dell'industria automobilistica europea.