Si dibatte, si rimanda, si mettono in discussione certezze granitiche. Il treno Ue modera la sua velocità è non è più così scontato che al terminal ''full electric'', dove è atteso nel 2035, arrivi in perfetto orario. La posizione ostile, o quantomeno scettica, assunta da Italia e Germania, trova dopotutto l'appoggio di alcuni tra i più influenti manager dell'auto. Ultimo in ordine di tempo a esprimere il suo pensiero sul possibile stop ai motori termici è il CEO di Honda Toshihiro Mibe. Che all'elettrico non è affatto contrario (vedi il progetto Sony-Honda), ma che di benzina e diesel non prevede affatto un'estinzione a breve termine.
Toshihiro Mibe, numero uno di Honda
RICERCA DI RETE IN CORSO In una recente intervista a Reuters, Mibe sostiene quanto sia improbabile che la tecnologia dei motori a combustione interna scompaia dalla scena almeno fino al 2040, se non più in là. Questo, in primo luogo, a causa dei noti problemi con le infrastrutture di ricarica. ''La rete non è dove dovrebbe essere per i nostri clienti'', afferma Mibe senza mezzi termini. In realtà il numero uno del colosso giapponese fa riferimento al network di ricarica in Nord America, tuttavia la riflessione può tranquillamente essere applicata anche all'Europa, Continente nel quale la rete è quantomeno distribuita in modo disomogeneo.
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E-FUEL CURA ANTI-AGING Mibe sottolinea perciò che ''mentre Honda si muove verso la neutralità carbonica, si concentrerà sia sull'elettrificazione a batterie, sia sulle celle a combustibile, ovvero le due componenti fondamentali della mobilità futura''. Se l'elettrico è il traguardo a lunga scadenza, la transizione nel medio periodo non deve infine scartare la ricerca sugli e-fuelo carburanti sintetici che dir si voglia, fattore chiave che consentirà la sopravvivenza di auto sportive (ma anche altri mezzi di trasporto come veicoli pesanti, aerei, etc.) ''per altri due decenni o anche di più''. Gli e-fuel, quindi, come ''dieta'' anti-invecchiamento in grado di prolungare l'esistenza dei motori termici sin oltre il 2040. Un orizzonte leggermente meno ansiogeno che - forse - anche in seno al Consiglio Ue mitigherebbe le attuali divergenze.