G FACTOR Un nuovo materiale dalle proprietà miracolose scuote il mondo della scienza e dell'hi-tech, e questo materiale è il grafene. Un foglio di carbonio spesso quanto un atomo, praticamente un materiale in 2D, le cui applicazioni sempre più si fanno strada in numerosi campi, dall'elettronica alla medicina, dall'aerospazio all'aeronautica. Passando, ovviamente, per la mobilità a emissioni zero sulle quattro ruote. Batterie al grafene accreditate di un'autonomia infinitamente superiore alla tecnologia a ioni di litio, ma anche tempi di ricarica super compressi e resistenza al tempo straordinaria.
UN DIAMANTE È PER SEMPRE Ma il grafene non è il solo candidato a mettere su casa dentro gli accumulatori degli electric vehicle del domani. In California è in corso la sperimentazione delle cosiddette batterie ai nano-diamanti, cioè frammenti di scorie nucleari dalla caratteristica stupefacente. NDB (Nano-Diamond Battery, che è anche il nome della compagnia sviluppatrice) in grado di autorigenerarsi. Per un ciclo di vita utile, ma anche un'autonomia, teoricamente eterni. Un giorno, batterie allo stato solido rimpiazzeranno le comuni batterie che impiegano elettroliti in gel liquido o polimerico. Tesla in prima linea nel processo di ricerca, coi Costruttori tradizionali che non stanno certo a loro volta con le mani in mano. Vedi Toyota, ora partner di Panasonic nella corsa alla tecnologia allo stato solido. Tutto molto affascinante. La rivoluzione è quindi dietro l'angolo? Non proprio.
PRO E CONTRO Senza scomodare tavole periodiche e principi chimici di comprensione non così comune: le batterie al grafene che l'industria attende con trepidazione si distinguono effettivamente per una capacità di rigenerazione esponenzialmente più veloce (tempi di ricarica inferiori anche dell'80% rispetto alle batterie a litio, come dimostrano le Super Battery brevettate in Germania da Skeleton e Karlsruhe Institute of Technology, in grado di ricaricarsi addirittura in 15 secondi), per un tasso di autonomia a sua volta nettamente superiore (percorrenze che di slancio superano i 1.000 km). Infine, per una vita utile maggiore di almeno tre volte: se le odierne batterie sopportano una media di 300-500 cicli di carica/scarica, grazie al grafene la soglia cresce a circa 1.500 cicli. Senza contare la minor tendenza al surriscaldamento, un tema delicato. E sin qui, i vantaggi. Perché i costi produttivi sono molto più elevati, e tali rimarranno ancora per alcuni anni. Probabile una prima sperimentazione nel settore dell'elettronica di consumo (smartphone in primis), e solo a lungo termine (10 anni? 15 anni?) le batterie al grafene (se il percorso seguirà lo stesso trend) saranno pronte per la vendita su larga scala a prezzi sostenibili anche nel settore auto.
L'AUTO ATOMICA? Discorso analogo per le batterie ai nano-diamanti, in estrema sintesi una sorta di ''mini-reattori nucleari'' con un nocciolo composto da parti di generatori nucleari in grafite che hanno assorbito le radiazioni delle barre di combustibile nucleare, acquistando a loro volta radioattività. Massima sicurezza, massima durata nel tempo, costi di realizzazione in serie (a differenza delle batterie al grafene) molto bassi, ancor più bassi delle batterie al litio. Quale dunque l'ostacolo? Di natura comportamentale, innanzitutto. Benché ritenute ecologiche e non più radiattive dello stesso corpo umano, non sarà semplice convincere l'opinione pubblica a guidare auto ad ''energia atomica''. In secondo luogo, prezzi bassi ma solo una volta che gli standard produttivi vengano fissati su scala globale. Benché NDB parli di soli 2 anni all'ora X, mettiamo il cuore in pace: ancora per un po', all'interno delle batterie friggerà litio, non polvere di diamante.