Una direttiva europea introduce il certificato di revisione, utile contro le frodi per manomissione del chilometraggio
MISURE ANTI-FRODE Da una direttiva europea arriva il certificato di revisione, un nuovo documento che dovrebbe aiutare a contrastare le truffe nella compravendita di veicoli usati. In sostanza, chi effettua la revisione periodica del veicolo dovrà riportare in questo documento una serie di dati utili a identificare univocamente il mezzo, il chilometraggio e altre informazioni per tracciarne l'invecchiamento, onde rendere facilmente individuabili le frodi. Oltre a chi si è preso la responsabilità di certificare tutte queste informazioni.
I DATI RICHIESTI I dati minimi richiesti dalla direttiva sono il numero di identificazione del veicolo (numero VIN o numero di telaio); la targa di immatricolazione e il simbolo dello Stato in cui questa è avvenuta; luogo e data del controllo; lettura del contachilometri al momento del controllo, se disponibile; categoria del veicolo, se disponibile; carenze individuate e livello di gravità; risultato del controllo tecnico; data del successivo controllo o scadenza del certificato attuale, se questa informazione non è fornita con altri mezzi; nome dell’organismo che effettua il controllo e firma o dati identificativi dell’ispettore responsabile del controllo.
INEFFICACE PER LE AUTO RECENTI Il ministero dei Trasporti ha tempo fino al 20 maggio prossimo per recepire la direttiva europea (la numero 2014/45, per la precisione) e le disposizioni dovranno essere operative dall'anno successivo, quindi a partire dal 20 maggio 2018. Ma c'è un... ma. L'obbligo di revisione scatta dopo quattro anni dalla prima immatricolazione del veicolo: nei primi quattro anni, dunque, il certificato di revisione non viene stilato e non viene raccolto alcun dato. Insomma, per le auto più giovani sarà possibile manomettere il contachilometri esattamente come oggi.