Vi svelo un segreto, un giorno l'auto diesel e benzina sparirà dalla circolazione e farà posto all'auto elettrica, almeno così si vocifera tra gli addetti ai lavori. Scherzi a parte: quello dell'elettrificazione è un treno in corsa che non fermi più, la direzione è stata presa - chi più volentieri, chi dopo essersi asciugato qualche lacrimuccia - e al centro del dibattito, semmai, è la scadenza entro la quale la rivoluzione potrà dirsi completata. Appunto: quando? Il pubblico ha diritto di sapere, di incertezze ne ha piene le tasche. Il fatto è che nessuno può permettersi di garantire tempi definiti. E più passano i mesi, più le prospettive assumono contorni opachi. Le uniche certezze, qui, sono i problemi.
Produzione batterie, crescono le preoccupazioni
GIGA INGORGHI Problema numero uno: le batterie. Cresce l'offerta, cresce parimenti la domanda, cresce quindi la necessità di produzione di accumulatori su scala sempre maggiore. Piccolo particolare: così come il petrolio e il gas, nemmeno le materie prime per le batterie sono una risorsa inesauribile. Se anche lo fosse, a stabilire dei confini a un eventuale proliferazione delle cosiddette ''gigafactory'' ci penserà il ramo della logistica, cioè un settore che già ha manifestato i propri limiti (e non è affatto finita qui) nel contesto della sciagurata crisi delle forniture di semiconduttori.
GIOCA D'ANTICIPO A lanciare l'allarme sulle batterie è Robert ''RJ'' Scaringe, fondatore della statunitense Rivian, sorta di mini Tesla specialista in truck elettrici. In un'intervista al Wall Street Journal, Scaringe - che nel suo piccolo, il polso della situazione lo possiede - veste i panni di Cassandra e senza mezzi termini dipinge uno scenario in cui la crisi dei chip, rispetto alla futura crisi delle batterie, sarà sembrata ''poco più che un antipasto''. A oltrepassarla incolumi saranno solo quelle Case che si sono mosse con anticipo, assicurandosi la fornitura di materie prime tramite contratti a lungo termine con le grandi imprese di estrazione e coi Governi dei Paesi chiave. E parallelamente, sull'esempio Tesla, stipulando accordi coi colossi hi-tech per fabbricarsi batterie per conto proprio. Chi ancora stesse indugiando, incontrerà un destino amaro.
Tesla, pioniere delle gigafactory
IL CIGNO NERO E il vertiginoso aumento su scala globale di domanda di auto elettriche è soltanto una, e forse quella più gestibile, tra le variabili capaci di mandare in tilt i piani di un passaggio progressivo dai modelli con motore termico ai modelli BEV. Vi dice niente la parola ''pandemia''? E la parola ''guerra'', suona forse in questi giorni ancor più familiare? Una scintilla, e finiscono all'aria anni di programmazione scrupolosa.
CI SCUSIAMO PER L'INTERRUZIONE Primi timidi segnali che non tutto andrà secondo i business plan dei Costruttori, dopotutto, giungono da più parrocchie. Renault che interrompe l'assemblaggo in Francia di nuova Mégane E-Tech a causa del lockdown spietato che coinvolge l'area metropolitana di Shanghai e che, tra le altre numerose conseguenze, spezza il naturale flusso di consegne dalla Cina delle componenti chiave per le batterie. Ford che parimenti chiude le prenotazioni del suo SUV elettrico Mustang Mach-E, essendo non più in grado di evadere gli ordini 2022. Il motivo, più o meno lo stesso di Renault. La fabbrica Ford è in Messico, la crisi non ha passaporto. Senza contare che il conflitto in Ucraina, a sua volta, complica non poco - e in che misura, lo stabiliremo nei mesi a venire - l'approvvigionamento, dalla Russia e dall'Ucraina stessa, di minerali essenziali per la produzione di accumulatori come litio, nichel, cobalto, manganese, titanio. Stretto collo di bottiglia in vista.
Renault Mégane E-Tech Electric, produzione sospesa
CORTO CIRCUITO Problema numero due: la rete di ricarica. La diffusione di auto elettriche procede a ritmi ben più spediti rispetto a quelli che riguardano la crescita di colonnine pubbliche. Nel Regno Unito, Paese dei quali possediamo i dati più precisi, si calcola come il gap ammonti a quasi il 30%: per ogni 13 EV immatricolate, entrano in funzione solo 10 colonnine. Col risultato che, se un anno fa esisteva un punto di ricarica ogni 16 auto elettriche, nel 2022 la proporzione è di una sola colonnina ogni 32 EV. Hai voglia a ricaricare a casa, se vivi in condominio. Hai voglia anche a girare la città, fino a trovare una stazione libera.
Auto elettriche, le colonnine pubbliche non stanno al passo
SPORTELLO RECLAMI Conclusioni: elettrificazione un treno in corsa, il macchinista rassicura i passeggeri sul rispetto degli orari, ma in realtà sta procedendo a vista, senza la certezza che i binari siano liberi, sempre con la mano pronta ad azionare i freni. Il rischio è che tra i passeggeri si diffonda il malumore, in molti chiedano di scendere e pretendano il rimborso del biglietto. È il classico worst case scenario, noi facciamo il tifo per un mondo auto più sereno. Ma anche equilibrato e consapevole.