''Una transizione praticabile e socialmente equa verso le emissioni zero'', questa è una delle condizioni di revisione previste nel documento che stabilisce la messa al bando delle auto tradizionali nel 2035, lasciando spazio solo alle auto elettriche: una clausola di revisione che andrà valutata nel 2026, in base a quanto stabilito nel documento conclusivo del Consiglio dell'Unione Europea. Una revisione che però potrebbe risultare decisamente tardiva, visto che nel 2026 già si conteranno migliaia di morti e feriti (leggi disoccupati, con scarse possibilità di reimpiego), lasciati indietro sulla strada dell'elettrificazione totale. ''Chi non sarà elettrico, sarà morto'', diceva Jean-Philippe Imparato di Alfa Romeo, parlando dal punto di vista degli industriali. E i lavori della conferenza sul clima COP 28 di Dubai si sono conclusi con l'accordo di abbandonare i combustibili fossili entro il 2050. Ma dal punto di vista dei lavoratori, le perdite ci saranno molto prima e a fronte di un risultato tutt'altro che garantito.
Il CEO di Alfa Romeo Jean Philippe Imparato
I TAGLI DI BOSCH Nei piani della Commissione Europea c'erano meravigliose prospettive di crescita economica e molti posti di lavoro che si sarebbero potuti creare, con finanziamenti e programmi di formazione. Ma come tutti sanno, si fa prima a distruggere, che a ricostruire. Le prospettive di crescita e reimpiego sono lente e legate a una riqualificazione professionale non sempre possibile, mentre la crisi dell'occupazione è già in corso. Una delle ultime notizie è che il colosso della componentistica Bosch, che dovrebbe avere un ruolo trasversale nell'industria automotive, ''dovrà tagliare fino a 1.500 posti di lavoro in due dei suoi stabilimenti tedeschi entro il 2025 per adattare i livelli di personale ai cambiamenti della domanda e delle tecnologie nel settore automobilistico'', ha affermato la società. C'è preoccupazione anche per i lavoratori dello stabilimento Bosch di Bari, dove la maggior parte dei 1.609 impiegati sono addetti alla produzione di componenti per motori Diesel: protetti dal licenziamento fino al 2027 grazie a contratti di solidarietà, ma poi?
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I COMMENTI DELL'AZIENDA ''Come altre aziende, dobbiamo adattare il livello di occupazione alla situazione degli ordini, ai cambiamenti strutturali nel settore dei motori e alla penetrazione nel mercato delle tecnologie future'', ha scritto un portavoce di Bosch all'agenzia stampa Reuters: ''Ci troviamo di fronte a sfide decisamente più grandi di quanto previsto all'inizio dell'anno... Anche se vogliamo mantenere il nostro livello occupazionale al meglio possibile con nuovi prodotti e un'ampia gamma di misure di formazione, dovremo adattarlo alla situazione contingente in alcune aree. I tagli al personale della Bosch interesseranno i settori sviluppo, amministrazione e vendita nella divisione Drives nelle sedi di Feuerbach e Schwieberdingen''. Tagli che l'azienda starebbe gestendo spostando il personale in altri dipartimenti, ricorrendo al pensionamento anticipato o ad accordi volontari, in collaborazione con le parti sociali.
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ANCHE FORD CORRE AI RIPARI Ma il problema dell'occupazione non riguarda solo il gruppo tedesco. Per esempio la cinese Nio, specializzata in auto elettriche, che poche settimane fa ha annunciato l'intenzione di ridurre del 10% la propria forza lavoro e che ora sembra orientata ad aumentare i tagli di personale. Ma come? Il futuro non è delle auto elettriche? La nuova legge europea dice così, ma è una legge che non trova riscontro nel mercato e nei desiderata del pubblico. Non è un caso se Ford Motor Co. sta tagliando di ben 12 miliardi di dollari gli investimenti sui veicoli elettrici, sta quasi dimezzando la fabbrica di batterie che ha in costruzione nel Michigan, ha sospeso i piani per la realizzazione di una seconda fabbrica di batterie in Kentucky e sta diminuendo la produzione del suo SUV elettrico Mustang Mach-e (qui la nostra prova).
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RALLENTA PURE IL BEST SELLER La forte domanda di veicoli elettrici prevista dalla società non si è concretizzata perché i potenziali acquirenti sono scoraggiati dai prezzi elevati e dalle infrastrutture di ricarica distribuite a macchie di leopardo, secondo Jim Farley, Amministratore Delegato di Ford, che rivede al ribasso anche le prospettive di vendita delle plug-in hybrid. Non a caso, la Casa dell'Ovale Blu sta dimezzando gli obiettivi di produzione del 2024 per il suo pick-up plug-in F-150 Lightning, passando da 3.200 a 1.600 unità a settimana. E attenzione: stiamo parliando del truck più venduto d'America negli ultimi 46 anni, un modello talmente importante e significativo per il mercato che, al lancio della versione plug-in hybrid, lo stesso Farley lo definì ''un test per l'adozione di veicoli elettrici'' negli Stati Uniti. Insomma, se son rose fioriranno, ma se invece fossero cachi?
DAL 2026 AL 1929 ''Continueremo ad adattare la produzione alla domanda dei clienti'', ha affermato Ford in una nota, e qui si conferma la tesi già sostenuta da Massimo Nalli, Presidente di Suzuki Italia, nella nostra ultima intervista (il video qui sopra) in occasione della prova delle kei-car Hustler e Alto (qui il test): è il cliente a decidere. La legge approvata dal Parlamento Europeo ha messo in moto una trasformazione profonda e dall'impatto ormai innegabile sulla società: prima sull'occupazione che sulla reale apertura del mercato, con la crescita che ne dovrebbe conseguire. La clausola di revisione al 2026, voluta dall'associazione dei costruttori ACEA, potrebbe offrire l'opportunità per correggere il tiro. Sempre che ora, con tutti i soldi già investiti, non siano gli stessi costruttori a voler tirare dritto. Costi quello che costi. Del resto, solo tre anni dopo, decorrerà il centenario della Grande Depressione del 1929, vuoi mica farlo passare senza ricordarlo bene?