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Chi guardava con sospetto e timore alla prima tappa in territorio mongolo vedeva bene. Passi montani, distese sconfinate, dossi improvvisi e pietre aguzze hanno fatto una dura selezione. E il traguardo è ancora lontano...
DI NUOVO IN MARCIA Dopo un giorno di riposo, la carovana del Transsyberia Rally si è ributtata sui polverosi sterrati della Mongolia scoprendoli forse ancora più duri del previsto. Ed è una bella fortuna che almeno il maltempo abbia dato una tregua, risparmiando ai piloti ulteriori grattacapi. La partenza è avvenuta da un altopiano posto a circa duemila metri sul mare e, nel corso dei 429 chilometri in progamma, i concorrenti si sono inerpicati fino a quota 3.025 metri, toccando il punto più alto dell'intero raid, per poi ridiscendere a valle.
LA BANDA DEL BUCO Il piatto forte della giornata è stata una prova speciale di 282 chilometri, in cui le montagne impervie si sono alternate agli spazi aperti delle vallate deserte. A fare da comun denominatore a tutto il tracciato sono state invece le pietre aguzze, che hanno provocato numerose forature. Queste ultime hanno colpito senza fare differenze i primi come gli ultimi in classifica.
UN DURO COLPO E a proposito di graduatoria, al traguardo di Mankhan non sono macate le novità. La prima posizione non è più ora di Al Hajri e Trenker, costretti al ritiro per il duro colpo accusato su un dosso preso a velocità troppo elevata. A guidare la truppa ci sono ora Lavieile e Borsotto, giunti secondi nella classifica di giornata alle spalle della coppia spagnola Soler-Pienado. Nelle posizioni di rincalzo spicca il passo avanti fatto da Abdulla e Lutteri, sesti all'arrivo e adesso sesti anche nella generale.