La GT3 "di mezzo" è anche l'ultima con il cambio manuale: questo è guidare. Ecco perché
DRIVE Io invece ho scelto la 997 GT3. Perché? Perché secondo me rappresenta l’espressione massima del concetto di GT3, ovvero portare la guida allo stato dell’arte. Come? Con prestazioni migliori rispetto alla 996 che sta guidando Andrea e con un assetto ancor più preciso e bilanciato in funzione della massima performance in pista. Senza dimenticare che posso ancora contare sull’impagabile gioia di avere tre pedali e una leva corta e ruvida per innestare (a mio piacimento) sei rapporti. Questo è guidare.
COME DEVE ESSERE UNA GT3 La 997, seppur non così anziana come la 996, sembra già una vecchietta al cospetto della 991 di Marco, la quale ha ulteriormente ingigantito le seducenti proporzioni della 911. Ma vi dirò una cosa, a me piace così. Con quella coda più verticale e uno stacco più marcato tra la carreggiata anteriore e l’enorme sederone posteriore. All’interno vengo accolto dal dolce abbraccio dei sedili a guscio e trovare la posizione ideale è un attimo. Si sta seduti in basso, quasi scontato dirlo, ma rispetto alla 996 l’abitacolo è cresciuto in larghezza. I cinque strumenti circolari, poi, sono e saranno sempre uno dei dettagli che preferisco.
QUANDO VINCE LA MECCANICA Giro la chiave e la 997 GT3 si presenta con un suono roco e penetrante, che non fa nulla per mascherare l’anima racing che si porta dentro. La frizione è dannatamente dura ma meno ostica rispetto a quella della 996 (la 991 non la chiamo nemmeno in causa). Inizia la festa. I primi giri mi servono per prendere i riferimenti, capire il raggio di sterzo da mantenere in ogni curva e scaldare le gomme. Del resto, la ghiaia bianca e qualche brutto segno sulle protezioni laterali sono sempre lì a ricordarmi di prestare molta attenzione a quello che sto facendo. Il cambio via via diventa sempre più pulito e fluido negli innesti. Mi sento l’artefice di una danza perfetta che coinvolge frizione, cambio e acceleratore e questo mi riempie il cuore di gioia. Seconda, terza, quarta e quinta in fondo al rettilineo, in un fragore da spaccare i timpani, prima di aggrapparmi, come un gatto che non vuole bagnarsi, al pedale del freno, sincronizzando con la mano destra i movimenti per innestare una dopo l’altra le marce in scalata.
BASTANO E AVANZANO Certo, 415 cavalli oggi non fanno più notizia, ma, come sempre per Porsche, non vale la regola del “quanto” ma del “come”. La cattiveria nell’erogare la potenza del “Mezger” 3.600 aspirato è ancora oggi impressionante. Sarà che tutto è enfatizzato dall’avere il comando manuale del cambio ma è una magia sentirsi protagonista della scena. Ad ogni modo, però, non bisogna sottovalutare il fatto che la "signorina di bianco vestita” impiega solo 4,1 secondi per passare da 0 a 100, sfiorando i 310 orari. Mica male. E poi i freni, che sono come sempre un'ancora di salvezza sulla quale fare sempre affidamento. Prontissimi al comando del pedale, mordono forte assicurandomi decelerazioni impressionanti e soprattutto ripetute nel tempo.
L’ULTIMO BALUARDO Ecco, per dirla in modo stringato, la 997 rappresenta l’ultimo capolavoro prima che a Stoccarda avviassero il passaggio dall’era analogica a quella digitale con la moderna 991. E’ l’apice di un periodo straordinario, che ci ha donato un’auto che richiede abilità non comuni per essere guidata al meglio. E quando questa magia riesce, la soddisfazione è incomparabile.
Fotografie di Andrea Schiavina e Christoph Cirillo