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Prova su strada

Mondo Lexus


Avatar Redazionale, il 29/05/02

22 anni fa -

Tredici anni fa il debutto: un macchinone senza molta personalità, con evidenti richiami stilistici alle luxury car occidentali, Mercedes in particolare. Sorrisini, ironie e commenti sarcastici sul momento, poi il boom. E oggi la vetta delle classifiche di mercato e degli indici di soddisfazione. Il segreto? Lo abbiamo chiesto a due esperti.

Si sa come sono i giapponesi: precisi, caparbi, determinati a vincere tutte le sfide commerciali come forse nessun altro al mondo. Prendiamo l’esempio della Lexus, il marchio di lusso Toyota. L’aveva voluto Eiji Toyoda, all’epoca presidente della Toyota, convinto che fosse possibile competere sullo stesso piano con i marchi di lusso europei e americani. Era il 1983 quando lanciò ai suoi la sfida: costruire l’auto migliore del mondo.

Nel dicembre 1988 il debutto. L’occidente guardava ancora con un misto di sufficienza e curiosità alle auto made in Japan, ben fatte sì, ma alquanto incerte nel design. Guardò con sufficienza anche l’ultima nata, ma dovette presto ricredersi: appena due anni dopo la Lexus era il marchio straniero più venduto in Usa nel segmento delle auto di lusso. Dieci anni più tardi, nel 2001, è stabilmente in testa agli indici di gradimento sia europei che americani, con quote di mercato perennemente in crescita.

Chi avrebbe pensato allora che in pochi anni questo marchio avrebbe conteso la leadership del mercato delle auto di lusso a nomi blasonati e centenari come Mercedes, BMW e Cadillac, solo per citare i più noti? Qual è il segreto che sta dietro il successo della Lexus?

Lo abbiamo chiesto a due manager della direzione europea del marchio: Tsuneo Uchimoto, Vice President ricerca e sviluppo e responsabile unico del progetto che ha portato alla nascita del SUV più amato dagli americani, l’RX 300, e Dario Giustini, responsabile vendite dei mercati del sud Europa. Ecco le loro risposte.

D.

Esiste un concetto di lusso riferito all’auto? Come si esprime?
Uchimoto: con elevate prestazioni, con tanto confort all’interno, un grande piacere di guida, un’ottima insonorizzazione e materiali pregiati da toccare. Ma, fondamentalmente, con un modello riconosciuto dagli altri come qualcosa di esclusivo, di lussuoso. Vorrei sottolineare l’importanza della riconoscibilità, ma non tanto come strumento per dimostrare agli altri il livello della mia ricchezza, quanto per trasmettere all’esterno la mia indipendenza di giudizio, di scelta. Far sapere insomma che non ho bisogno della pressione delle mode per essere guidato nella mia scelta. Una Lexus in questo senso è una decisione coraggiosa che comunque invia un messaggio chiaro: sono sicuro delle mie decisioni, sono al di sopra delle mode.
Giustini: se infatti negli anni 80 e 90 il lusso rappresentava il desiderio di trasmettere all’esterno un segnale forte della propria ricchezza, del prestigio sociale raggiunto - e questo avveniva attraverso il consumo di prodotti di lusso riconosciuti come tali (si ricorderanno gli orologi Rolex, le Bmw, le Mercedes, le pellicce di visone) - oggi al primo posto c’è la propria soddisfazione personale. Mentre prima il lusso era rivolto agli altri, adesso è finalizzato alla soddisfazione di un proprio bisogno. Il messaggio è: me lo sono guadagnato e me lo voglio godere. Che sia anche riconoscibile è importante, ma non è questo il fine, mentre prima doveva esserlo per creare invidia, adesso voglio che mi rispettino per le decisioni che ho preso.

D.

C’è qualcosa che ancora manca alle Lexus per rientrare in questa categoria? Forse la riconoscibilità ?
Uchimoto: in Europa dobbiamo ancora rinforzare l’immagine e la notorietà del marchio. Ma è solo questione di tempo.
Giustini: sono s’accordo. E’ un dato di fatto del resto, siamo un marchio giovane, che non ha una storia alle spalle come quella di Bmw, Mercedes e anche Audi.

D.

Come siete riusciti allora a imporre la Lexus ai vertici della categoria delle auto di lusso?
Giustini: l’elemento fondamentale è la passione per il dettaglio e la ricerca della perfezione. La LS430, per esempio, ha la migliore aerodinamica del suo segmento, e per arrivare a questo risultato, per essere sicuri che il rumore del vento fosse ridotto al minimo assoluto, abbiamo utilizzato la galleria del vento più silenziosa al mondo… questo ci ha consentito di valutare con precisione l’effetto sui livelli di rumore anche delle più piccole modifiche sulla carrozzeria. Altro esempio: ci siamo associati con il marchio Mark Levinson, lo specialista dei sistemi stereo da sala, per progettare il miglior impianto hi-fi per auto. Per testarne l’efficacia abbiamo realizzato in Giappone uno studio in un blocco di cemento sospeso con cavi di acciaio all’interno di un altro edificio. Tutto per evitare qualsiasi influenza esterna sulla ricerca di perfezione del suono.

D.

Il fatto che sia un marchio giapponese e che non abbia una lunga tradizione automobilistica alle spalle è considerato ancora un fattore negativo?
Giustini: negli ultimi anni, soprattutto in Europa, design, architettura, arredamento e moda si stanno orientando sempre di più ai valori asiatici, soprattutto giapponesi. Se si sfogliano le riviste di architettura si riconosce subito lo stile un po’ vuoto delle case nipponiche, ovviamente dovuto alla mancanza di spazio; molti progetti europei importanti, edifici, centri congressi, sono costruiti da architetti giapponesi; nello spettacolo, coreografi di balletti, musicisti sono sempre di più di origine giapponese. C’è la tendenza, insomma, a vedere la cultura asiatica e giapponese come positiva. E questo si riflette anche su prodotti come l’auto.
Uchimoto: per la LS 430, l’ammiraglia del marchio Lexus, ovviamente si può discutere dello stile, anche se il coefficiente aerodinamico ha avuto la sua influenza nel definire la linea finale. I designer però voluto dare un tocco giapponese e allo stesso tempo creare un prodotto forte per gli Usa e per l’Europa, senza tradire la storia, seppur breve, del marchio.

D.

Sembra però che il design venga in secondo piano rispetto alla perfezione tecnica. I vostri concorrenti invece ne tengono molto conto. Questo perché puntate su altri valori? Perché il vostro cliente guarda più alla sostanza che allo stile?
Uchimoto: anche per noi il design è un elemento fondamentale al momento di scegliere un prodotto, non solo nel settore auto. Comunque, non sono d’accordo sul fatto che noi parliamo poco di design. Pensi alla RX300, alla IS200 e soprattutto alla SC. Dobbiamo migliorare è vero, cercare di creare un look di marchio più forte. Per raggiungere questo scopo però non vogliamo clonare le auto come purtroppo stanno facendo molte altre Case, che hanno un modello piccolo, uno medio e uno grande, tutti di forma quasi identica.
Giustini: ogni nostro prodotto ha una propria clientela: il cliente della IS è profondamente differente da quello della GS, e così via. Ogni modello ha un suo carattere, una sua ragion d’essere, una sua personalità. Nello sviluppo futuro dei prodotti cercheremo di creare più un ombrello, una famiglia, uno stile della famiglia Lexus, ma senza produrre cloni.

D.

Capitolo tecnologia: la BMW Serie 7 è un’esplosione di soluzioni hi-tech e su questo aspetto ha costruito la propria immagine di auto moderna, innovativa, speciale. La vostra ammiraglia, al contrario, è semplicissima da usare. Hanno ragione i tedeschi a complicare l’auto con congegni di ogni tipo, oppure il tipo di clientela di queste auto preferisce un approccio classico? Perché nella Lexus la presenza della tecnologia non è così evidente?
Uchimoto: senza dubbio gli ingegneri Lexus vedono l’applicazione di tecnologie d’avanguardia in un’auto come la direzione da seguire. L’elemento importante però è rappresentato dall’interazione tra le tecnologie a disposizione e chi guida l’auto, dall’interfaccia insomma. E se da un punto di vista tecnologico la BMW Serie 7 è diventata un punto di riferimento, alla Lexus non sono convinti che sia questo il modo migliore di proporre nuovi contenuti tecnici. Uno dei criteri che guiderà le future generazioni Lexus sarà proprio la semplicità dell’interfaccia auto-pilota.
Giustini: come modello di riferimento abbiamo la Playstation: per contenuti grafici, per i giochi che propone e per la qualità complessiva è avanzatissima, ma è estremamente facile da usare. L’interfaccia semplice è la nostra filosofia. E con questo non vuol dire che siamo indietro tecnologicamente rispetto ai nostri concorrenti. Tutt’altro.

D.

La gamma Lexus è attualmente composta da cinque linee differenti. Sembra di capire che non sia necessariamente un marchio legato alla produzione di auto di grandi dimensioni. Potrebbe quindi esserci in futuro una vettura media o una citycar?
Uchimoto: dal punto di vista tecnologico e di sviluppo è anche possibile produrre una Lexus piccola, ma non è nei nostri piani per ora. Anche perché vogliamo evitare la sovrapposizione che vediamo in alcuni gruppi, in cui non si sa più dove finisce un marchio e dove inizia l’altro. C’è già la produzione Toyota che si rivolge a un tipo di clientela e c’è la produzione Lexus che vuole cercare di soddisfarne una diversa.
Giustini: quello che vogliamo per ora è offrire la migliore esperienza possibile di possesso, tanto nel momento dell’acquisto tanto nel post-vendita. In Italia, per esempio, abbiamo organizzato un servizio assistenza attivo 24 ore su 24, in pratica le nostre officine sono sempre aperte; in Svezia invece durante l’inverno, i concessionari conservano in magazzino i pneumatici estivi dei loro clienti; in Olanda, l’auto che ha bisogno di assistenza viene ritirata e riconsegnata dove vuole il cliente, anche all’aeroporto...

Pubblicato da a cura di Gilberto Milano, 29/05/2002
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