Difficile riassumere in poche righe quello che è successo nelle ultime due settimane, dopo l’acquisizione di Elon Musk di Twitter per la non indifferente cifra di 44 miliardi di dollari. Molti osservatori, e molti utenti, hanno descritto la situazione come “vedere un treno che va a schiantarsi al rallentatore”.
QUALCHE CENNO Il CEO di Tesla, e ora anche di Twitter, tra le prime azioni intraprese ha licenziato circa metà dei dipendenti della società, molti dei quali in ruoli strategici: il team di moderazione dei contenuti è stato praticamente smantellato. Questo ha portato molti dirigenti chiave a dimettersi volontariamente, col risultato di aumentare il caos all’interno dell’azienda. La piattaforma ha poi introdotto un nuovo sistema a pagamento di verifica degli account, che inizialmente sarebbe dovuto costare 20$ al mese: dopo un intervento a gamba tesa di Stephen King, Musk ha portato la cifra a 8$ al mese. La nuova spunta blu appare sugli account che si abbonano al servizio Twitter Blue, senza alcuna reale verifica che siano effettivamente chi dicono di essere.
Elon Musk e il disastro Twitter
BOOM DI FAKE Prevedibilmente (o almeno per chiunque conosca un minimo come funziona internet), Twitter è stato invaso da account fasulli che, pagando l’abbonamento al nuovo servizio di verifica, si sono spacciati per società e personaggi più o meno famosi, da Nintendo a Google, in alcuni casi - come per l’azienda farmaceutica Eli Lilly - provocando veri e propri crolli in borsa. Clamoroso il caso di un finto account Tesla verificato a pagamento (con la spunta blu, quindi a una prima occhiata indistinguibile da quello vero) che ha pubblicato un tweet annunciando che ''Una seconda Tesla ha colpito il World Trade Center'', riferendosi agli attacchi terroristici del 2001. Nel fine settimana il nuovo servizio di verifica è stato sospeso.
Can't imagine why all the advertisers are pulling out of Twitter lmao pic.twitter.com/pg55WXkxhS
— Jason Schreier (@jasonschreier) November 9, 2022
Can you imagine spending $44 billion to do this to yourself pic.twitter.com/REMzs0vT19
— Alanis King (@alanisnking) November 11, 2022
MEGLIO SFILARSI (PER ORA) Il caos generalizzato di queste settimane, la gestione a dir poco spregiudicata di Musk e le sue continue e contraddittorie dichiarazioni hanno creato comprensibili preoccupazioni tra gli inserzionisti, che non vogliono vedere il proprio marchio su una piattaforma dove vengono pubblicati contenuti senza moderazione. Sono tante le aziende che hanno interrotto le proprie campagne pubblicitarie su Twitter, in attesa di vedere gli sviluppi che prenderà la vicenda (ed eventualmente tornare).
Jeep Avenger, visuale di 3/4 anteriore
ELENCO IN AGGIORNAMENTO Molte le case automobilistiche: tutto il gruppo Volkswagen (che comprende Audi, Skoda, Seat, Lamborghini), Ford e General Motors (GMC, Cadillac, Chevrolet), a cui nelle scorse ore si è aggiunto anche Stellantis (Fiat, Jeep, Dodge, Citroen, Peugeot, Opel). C’è chi sostiene che la decisione sia arrivata perché il proprietario della piattaforma è un loro diretto competitor (Tesla), ma questo non spiegherebbe il passo indietro di altri colossi, da General Mills (che produce tra le altre i cereali Cheerios, i dolci Lucky Charms e il gelato Haagen-Dazs) ad Allianz, da Mondelez (tra i tanti, Oreo, Milka e Toblerone) alle case farmaceutiche Gilead e Pfizer.