Presentato in questi giorni al Giffoni Film Festival, Monolith parla del suv più sicuro del mondo che si trasforma in una trappola mortale
CHI HA PAURA DELLA TECNOLOGIA? Ah le auto moderne, concentrati di tecnologia su ruote in grado di guidare (parzialmente) da sole, di riconoscere cartelli stradali e con abitacoli infarciti di monitor più o meno grandi pronti a restituirci tante (ma tante) informazioni. E pensate al futuro, quando il guidatore potrà tranquillamente schiacciare un pisolino mentre l’auto lo porta sano e salvo a destinazione. E se qualcosa andasse storto? E se la più o meno evoluta intelligenza artificiale dovesse per qualche motivo agire in maniera inaspettata? Una paura che prende vita in Monolith, film del romano Ivan Silvestrini presentato in questi giorni al Giffoni Film Festival.
DALLA CARTA ALLA PELLICOLA Un progetto pronto ad arrivare nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 12 agosto, dopo una gestazione lunga 5 anni. Tanto infatti ci è voluto perché la storia passasse dall’essere una graphic novel edita dalla Sergio Bonelli Editore all’essere un girato interamente nelle desertiche zone dello Utah.
LA BELLA E IL BESTIONE La storia è semplice: una mamma (Sandra) con il suo bambino si mette in viaggio a bordo di Monolith, il suv più sicuro del mondo (si tratta di una Ford Explorer sapientemente modificata) attraversando il deserto. A un certo punto, mentre la donna è fuori dall’auto, questa si chiude con il bambino al suo interno. Sandra dovrà quindi liberare il suo bambino trovando il modo di aprire un'auto concepita per resistere a qualsiasi tipo di attacco.