La verdona lucidata da Mr. Kowalski nel film di Clint Eastwood ha dato il nome alla pellicola, ma ha anche segnato un'epoca negli States. Ecco la sua storia.
TESTAMENTO"Vorrei lasciare la mia auto del '72 Gran Torino alla persona che più la merita... Thao Vang Lor... A condizione che tu non scoperchi il tetto come uno stronzo messicano, che non ci dipingi quelle ridicole fiamme come un qualsiasi coatto bianco e che non ci metti sul retro uno di quegli spoiler da checca, che si vedono su tutte le macchine degli altri musi gialli, fa veramente schifo. Se riesci a non fare tutte queste cose... E' tua...".
GRANDE ATTRICE Sono le parole del testamento dell'ex operaio conservatore Kowalsky/Eastwood dedicate alla sua Ford Gran Torino, l'auto che dà il nome al film (una pellicola che fotografa memorie e mondo contemporaneo americano) e che recita per due ore da attrice non protagonista.Lui che ne aveva montate tante in catena di montaggio ora non riesce a capacitarsi che i figli girino a bordo di SUV giapponesi. Ecco allora un'occasione d'oro per ricordarla, sicuri di incontrare il desiderio di quanti hanno già visto il film e di molti appassionati di auto, in particolare di muscle car.
GRANDE AUTOProdotta dal 1968 al 1976 come alternativa upmarket alla "media" (secondo i canoni americani dell'epoca) Fairlane, sempre di Casa Ford, la Torino rispondeva bene alle esigenze degli automobilisti yankee. Molto venduta e diffusa (parliamo di milioni di esemplari nel corso degli anni) ha rappresentato insieme alle concorrenti Chevrolet Impala, Dodge Charger, Oldsmobile 442, Pontiac Grand Prix e GTO solo per citarne alcune, il panorama automobilistico consueto di un'America che ancora non conosceva pensieri e rimorsi per misure (spesso oltre i 5 metri di lunghezza), cavallerie e consumi extralarge.
SBORNIA POTENTE In piena sbornia di "potenza per tutti", girare a bordo di auto con 300, 400 o anche più cavalli all'epoca non faceva impressione. E non si rischiavano sguardi di disapprovazione ambientalista e neppure infarti dal benzinaio. Quattro anni dopo la Ford Fairlane del 1964 da 500 cavalli, ancora ricordata dagli appassionati, arriva così la più famosa di tutte, la Torino, che prima affianca la titolarefino a sostituirla a causa del prepotente successo dovuto a freschezza tecnica e stilistica.
MULTIMODELLO Spaziosa per loro, per noi europei esagerata, la Torino era disponibile in numerose alternative e varianti di motore e carrozzeria, dalla berlina alla famigliare fino alla cabriolet. Ma a noi interessa la Coupé che, proprio dal 1972, assume la denominazione di Gran Torino nelle versioni più muscolose e che, nel corso di tutta la sua evoluzione, si propose con potenze, optional e soluzioni tecniche diverse. Viene infatti venduta come il pane: solo in quell'anno, in quasi 500.000 esemplari.
GRANDI NOMI Quanto al nome, non mancano certo aneddoti e sorprese. A partire dal nome della mamma, Fairlane, che deve il suo appellativo... alla magione di Henry Ford in quel di Dearborn. Altri tempi, quandoil marketing iniziava ad avere voce in capitolo ma c'era spazio ancora per sentimenti e personalismi. Un'altra auto sempre dell'ovale blu, la Edsel (un fiasco), doveva il nome ad un rampollo di famiglia. Gran Torino invece omaggiava agli occhi degli americani la "Detroit italiana" evocandone il fascino mediterraneo e latino. E soprattutto il "saper fare" auto sportive, semplici e divertenti da guidare.
LEGAMI ITALOAMERICANI Un nome che oggi, in tempo di alleanza automotive tra Italia e USA assume anche altri significati, come se il nome Torino fosse, per forza di cose, destinato a finire su cofani e lamiere di una muscle car. Secondo la leggenda fu considerato molti anni prima come alternativa al cavallino "Mustang", una delle auto simbolo della rinascita Ford. E anche qui, guarda caso, troviamo lo zampino di un italoamericano che ha dedicato la sua vita all'auto: Lee Iacocca.
BOCCACCIA In ogni caso, tutte le Torino erano auto tipicamente americane e di immagine sportiva. Sempre con tono e stile sopra le righe e centimetri cubi in abbondanza. La coupé ha sempre gravitato attorno ai concetti base della muscle car: cofano lungo, coda corta e linea di cintura alta. E con il model year 1972 arriva l'apice della forma estetica. Con una bocca larga all'anteriore, le quattro letterone a comporre il nome Ford attaccate sul bordo estremo del cofano, i "quattrocchi" dei gruppi ottici contornati dal fondo tinta cromato e da paraurti, sempre lucidi, che tentano di modellarsi sulle linee minacciose.
FASTBACKUn misto di morbidezza e grinta che si perde sul fine carriera cedendo il passo agli spigoli imperanti. Anche il resto del vestitino risponde in pieno all'iconografia della sportiva americana, potente e a buon prezzo: presa d'aria aggiuntiva sul cofano motore, piccoli specchi retrovisori appoggiati come petali su una fiancata, che di suo sale prepotente fin quasi a nascondere i finestrini posteriori. Per congiungersi con una coda spiovente e quasi minimalista.
COCA CARAlcuni esteti dell'epoca intravvedevano nella svasatura complessiva delle lamiere un altro mito a stelle e strisce: la bottiglietta sensuale della Coca Cola. E poi le ruote, con cerchi a canale esterno e, spesso, le scritte bianche dipinte a mano con le "mascherine" che evidenziavano casato e tipologia del pneumatico, proprio come si usava nelle corse Nascar. Optional a pagamento le strisce colorate sui fianchi che la versione protagonista di Gran Torino non ha.
TANTA RESA O TANTA SCENA Mr. Kowalski era particolarmente raffinato e riservato, ma la Gran Torino rossa del 1975 che sgommava in inseguimenti furiosi pilotata da Starky&Hutch nella famosa serie TV era piuttosto vistosa. Ed ebbe talmente successo che Ford ne costruì 1000 esemplari identici andati a ruba. Ma all'epoca la crisi energetica, altro parallelismo con i nostri tempi, aveva imposto una morigeratezza che uccise il concetto stesso di Muscle Car: in questo caso sotto un estetica del cofano emozionante si nascondevano solo 165 timidi cavallini.
PASSO CORTO Sulla versione protagonista del film di Eastwood non mancano pure curiosità tecniche legate all'anno di produzione. A cominciare dal telaio, che proprio nel 1972 abbandonava quello ereditato dalla Fairlane e iniziava ad essere differenziato (come faceva GM da qualche anno) per le versioni a quattro porte e quelle sportive. Questo significava maggiore libertà per i designer e facilità tecnica nel definire un comportamento stradale più equilibrato. Secondo la stampa specializzata dell'epoca si era raggiunto finalmenteil compromesso tra divertimento e comodità.
GRANDI INNOVAZIONI I cerchi da 14 pollici (gli esageratissimi 15" erano opzioni riservate alle forze di Polizia o disponibili after market) sembravano gran cosa. E oggi fa tenerezza solo dirlo: nel 1972 la Gran Torino offriva i freni anteriori a disco di serie, unica nella categoria delle "medie". Erano inoltre disponibili pacchetti di personalizzazione che potevano incidere sulla dinamica di guida, come il "Rallye Pack" che portava sospensioni ribassate, ritarate, e barre antirollio al posteriore.
MODEL YEAR La Gran Torino del 1972, da buona americana, offriva una buona serie di opzioni comodose come la ventilazione speciale, i sedili con design sportivo, poggiatesta integrato e soprattutto con parte centrale in vinile traspirante e regolabili elettricamente. Non mancavano connotazioni sportive come la strumentazione con tutti gli indicatori di sapore corsaioloper temperatura acqua e olio, gli stessi che oggi qualcuno vuole convincerci che sia meglio sostituire con delle spie luminose.
CILINDRI COBRA E CAVALLI E poi il capitolo pistoni e cilindri. Nel corso degli otto anni di vita del modello sono statemolte le opzioni disponibili. I cavalli non sono mai mancati, anche se sono diminuiti costantemente nel tempo. La versione Cobra del 1969 ufficialmente era quotata a 325 cavalli ma in realtà ne offriva 400. Nel 1972 la Gran Torino si poteva avere anche con il sei cilindri da 2,5 litri, ma come per tutte le muscle car, il massimo del desiderio era rappresentato dagli otto cilindri a V. Il top era rappresentato dai 4,2 litri del V8 con circa 300 cavalli (le rilevazioni erano "allegre"), sufficienti a spingere gli oltre 1600 kg dei 5 metri di lamiera in soli 6,8 secondi nel classico 0-100. Il cambio manuale a 4 marce accompagnava quasi sempre gli entusiasti proprietari.
SERIE SPECIALI Della Gran Torino ora se ne parla molto per il ruolo di star nel film di Clint Eastwood, ma va ricordato che è già stata protagonista in vari altri film: The Big Lebowsky, per esempio, ma anche nei Tre giorni del Condor o in X-file. E in tanti altri film e telefilm. Per ora non si hanno notizie e neppure si parla di una replica postmoderna del modello, come invece accaduto alle colleghe più celebrate come Mustang e Camaro. Ma siamo sicuri gli amanti delle Muscle Car e delle sportive in purezza saranno d'accordo nel condividere il testamento di Mr. Kowalski.
SENTIMENTI A quel tempo le Big Three (GM, Chrysler e Ford) sapevano costruire e vendere auto desiderabili. Ecco perché se entrate da Barnes&Noble o in qualsiasi libreria USA difficilmente non troverete uno scaffale dedicato alla leggenda delle Muscle Car. Ed ecco perché, storia vera, all'epoca, nel quartier generale Ford, arrivavano lettere di ammirazione, quasi dichiarazioni d'amore per la Gran Torino. Sentimenti a motore.