Atleta di snowboard e wakeboard, scopriamo chi è Arianna Cau, quota rosa della squadra di Citroën
I dread che spuntano dai riccioli biondi sono solo un indizio. Arianna Cau, 24 anni, wakeboarder, snowboarder e quota rosa del Citroën Unconventional Team è un'atleta fuori dagli schemi. Ma anche, e soprattutto, una giovane donna con una storia da raccontare: altro requisito necessario per entrare nella squadra del Double Chêvron. Al volante di una Citroën C3 Aircross, Arianna segue la sua passione: la tavola. E' questa che detta la rotta, verso la montagna o il lago, a seconda della stagione.
La scintilla è scoccata con il wakeboard o con lo snow?
Con una tavola da skateboard, in realtà. La volta che ho deciso, un giorno, di usarla al posto della bici per andare a scuola. Da lì ho iniziato a praticare sport da tavola. A 14 anni ho mollato gli sci per fare snowboard, prima come “turista”, surfando un po' nel weekend, poi in maniera più intensiva passando al Freestyle. A 15 anni ho cominciato a fare primi salti sulla neve, che però non c'è tutto l'anno. E siccome vicino a casa mia (Rovereto) oltre alla montagna c'è il lago, mi sono avvicinata al kite e al wakeboard. Per continuare a saltare anche d'estate.
Il momento più bello della tua vita sportiva?
Non ce n'è stato uno solo. Stare su una tavola per me è uno stile di vita; quando ho la possibilità di svegliarmi tutti i giorni e passare una giornata con gli amici in montagna o nel Cablepark (la struttura sull'acqua in cui si pratica wakeboard, ndr) è già il momento migliore. Se parliamo della mia vita agonistica, invece, la vittoria nei campionati italiani di wakeboard, nel 2015. E il mio primo podio in Coppa Europa nello snowboard, a Davos nel 2016.
Che cos'ha di speciale una tavola?
Mi dà un senso di libertà e mi permette di esprimere me stessa. Fare i trick su neve o sull'acqua è un po' come, per una ballerina, danzare.
Quando hai capito che il gioco si faceva serio?
Ho capito che poteva diventare un lavoro a 18 anni, quando dovevo pensare a cosa fare dopo il liceo. Ho investito sulla tavola. Per capirci, ho preso prima la patente nautica della patente di guida per poter insegnare kite surf. Poi, con i primi risultati agonistici sono arrivati anche i primi sponsor e le prime collaborazioni. Ma questo un giorno finirà e perciò ho fatto il corso per diventare maestra di snowboard, che ha un processo di selezione piuttosto duro. Ce l'ho fatta, e così ho trovato un modo per guadagnare anche quando smetterò di gareggiare.
Vista da fuori, però, non sembri l'atleta tipo. Cos'è più unconventional? I tuoi capelli, lo sport che pratichi, la maglietta che indossi...
Tutto insieme: il mio stile di vita è così. E ti dirò di più, non me lo sono scelto: io sono così. Sempre con uno zaino in spalla, pronta a sacrificare tutto per inseguire il mio sogno. Compreso un posto da chiamare casa e tante garanzie: qui basta un infortunio per compromettere tutto.
Viaggi tanto in auto?
Per allenarmi e gareggiare faccio un sacco di chilometri. L'auto per me è fondamentale: anzitutto per trasportare l'attrezzatura, ma anche perché mi permette di essere libera e di portare con me tutto quello che mi serve, a cominciare dal mio cane. Prima avevo un furgone, che per me era come una seconda casa. Adesso, con la Citroen C3 Aircross, in parte è ancora così ma soprattutto ho guadagnato comfort e agilità nelle trasferte.
Sei molto giovane: che rapporto hai con i social network?
Se vuoi essere un atleta devi usarli per forza, per mostrare al mondo quello che fai. Tuttavia, non li considero un lavoro ma un mezzo per condividere esperienze e per tenere i rapporti con gli amici che mi faccio in giro per il mondo grazie agli sport che pratico: la grande famiglia dei rider e, più in generale, di chi pratica gli action sports.
E con i tuoi follower?
Cominciano a essere un bel numero, perciò devo stare attenta a quello che posto sui social. Non posso dire tutto quello che mi passa per la testa. Ma cerco di essere schietta e trasparente: mostro di me quel che tutti vedono anche dal vivo. Nel bene e nel male.
Come va l'università?
Domanda successiva?
Facciamo un salto... nel tempo. Come ti vedi tra 10 anni?
Sempre con una tavola sotto i piedi, se le mie ginocchia reggono. Magari non a fare le evoluzioni di adesso... Ho una vena imprenditoriale e cerco di coltivarla. Sto seminando per poter sfruttare, in futuro, le mie capacità nella comunicazione e nello sport.