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Art car: l'arte della velocità


Avatar Redazionale, il 17/04/10

14 anni fa - Dai colori ai segni distintivi per essere più visibili e subito riconoscibili: ecco come sponsor, artisti e grafici hanno cambiato le auto da corsa e il mondo delle gare. Complice la TV.

Dai colori ai segni distintivi per essere più visibili e subito riconoscibili: ecco come sponsor, artisti e grafici hanno cambiato le auto da corsa e il mondo delle gare. Complice la TV.

GRAFICHE DA CORSA Ci sono alcune auto da corsa, che si tratti di Formula 1, Rally o Prototipi poco importa, che sono passate alla storia non solo per i successi ma anche per la livrea e gli adesivi che ne hanno definito la personalità. In ordine sparso vengono in mente alcuni esempi di scuola: la Delta Integrale "Martini”, ancora prima la Lancia Stratos "Alitalia”, la F1 Lotus Ford 78 "John Player Special”. O ancora gli esperimenti BMW che ha portato anche Andy Wharol a firmare le proprie auto. E si potrebbe continuare.

LINEA DI PARTENZA A pensarci bene, basta sfogliare gli almanacchi: la prima importante cesura è legata al crescente ruolo dei media. Agli albori dell'automobilismo le corse erano importanti e molto seguite, in circuito e ai bordi delle strade, ma bastavano tabelle portanumero e livree colorate per far sognare. Magari legate alla scaramanzia o alle preferenze personali. In realtà ai primi del novecento c'era stato anche un accordo per definire i colori delle auto in base alla nazionalità: blu per la Francia, bianco per la Germania, rosso per l'Italia, verde per l'Inghilterra etc. Fino al 1950, per spettatori che aspettavano i veloci passaggi mangiando un panino, era abbastanza. A governare il cambiamento ancora una volta è stata la tecnologia.

POTERE DEL COLORE A partire dal 1960 cambia radicalmente il panorama sportivo che diventa caleidoscopico grazie alla rivoluzione dell'immagine e del colore. Intorno alle piste e alle corse fioriscono telecamere, macchine fotografiche e tutto viene ripreso e riprodotto sulle televisioni, che iniziano ad entrare nei salotti di casa o su giornali e magazine specializzati. Improvvismente le auto da corsa iniziano a vivere anche fuori dalle piste e tutto diventa importante. Siamo ancora in una fase sperimentale: a governare non sono solo le esigenze di marketing, ma si mischiano tradizione e innovazione. Forse anche gusti personali e diktat del Patron. La Lotus da Formula 1 rimane legata ancora al suo verde inglese ma iniziano a comparire striscie colorate. E poi ci sono gli adesivi degli sponsor tecnici, piccoli e nascosti nelle parti basse. Nella stessa epoca iniziano a comparire i manager ed i listini legati alla visibilità della posizione venduta: un alettone posteriore vale più di una pancia laterale?

FANTASIA AL POTERE In pochi anni cambia tutto, i responsabili del design vengono incaricati di personalizzare le auto da corsa e spesso lo fanno in collaborazione con artisti di fama o improvvisati. Con ampio spazio alle sperimentazioni: basta pensare ai Prototipi a ruote coperte che grazie alle superfici ampie e piatte conoscono un'autentica rivoluzione. Striscie colorate che si restringono e si allargano, frecce colorate, motivi tridimensionali; tutto sembra pensato per esaltare le forme delle auto e per aumentare l'idea di velocità agli occhi di chi guarda. Alla linea di partenza c'è una babele di messagi e colori a creare movimento ancora prima del via. Le auto si muovono e parlano anche da ferme o nell'immobilismo di uno scatto fotografico amatoriale.

IMPROVVISAZIONE E COMPROMESSI Iniziano le trattative e le influenze degli sponsor, sempre più importanti in un mondo che passa dalla passione al business, ma ci sono ancora i momenti di improvvisazione: Antonie Lapine che nel 1970 era responsabile design di Porsche, racconta che la sera prima di schierarsi a Le Mans alcune 917 erano ancora da dipingere. Oltre vent'anni dopo, alcuni compromessi diventeranno routine: a cavallo dell'era Schumacher le monoposto del Cavallino Rampante aggiustano leggermente la cromia per accontentare sponsor e soprattutto per diventare più brillanti sugli schermi televisivi, sempre più grandi. In epoca contemporanea, ogni occasione è buona o viene creata ad arte per regalare visibilità: basta pensare al vernissage ufficiale con scaletta cadenzata nel tempo che coinvolge tutti i team di Formula 1.

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NOMI INDIMENTICABILI In poco tempo, e correndo veloci verso gli Anni 80, lo stile grafico e i colori si uniscono al logo degli sponsor fin quasi a identificare le auto da corsa o le monoposto: Gulf, Texaco, Martini, Marlboro, John Player, Gitanes. Iniziano a cambiare anche i nomi dei team che aggiungono il nome del munifico sponsor nelle schede di iscrizione e in breve tempo tutto viene gestito a livello professionale. Il concetto di immagine coordinata esce dagli studi di grafica e comunicazione arrivando anche a lambire ambiti prima solo immaginati.

ART CAR Ai box Ferrari, a cavallo degli Anni 70 e 80, i meccanici indossano camicie gialle che richiamano i colori Agip, sponsor tecnico nonché fornitore di carburante. Nello stesso periodo Andy Wharol dipinge una BMW M1. Non sarà il solo artista a lavorare per la casa di Monaco che si distinse per esperimenti a metà tra l'invenzione e la geniale provocazione. L'ultimo in ordine di tempo sarà Jeff Koons, che realizzerà una Bmw M3 GT2 in tempo per gareggiare alla 24 Ore di Le Mans 2010 (il bozzetto è nella gallery). Qualcuno ricorda poi le auto che correvano con adesivi che ne riproducevano le parti meccaniche interne come uno spaccato, per pubblicizzare l'utilizzo di ricambi originali?

SPECCHI COMUNICATIVI Arte, comunicazione ma anche specchio del mondo contemporaneo. Colori e sponsor parlano anche della loro epoca e del mondo che gira intorno: basta prendere la Formula 1 dove dalle sfide al sapore di tabacco e liquore oggi si passa ai colpi di alettone tra poteri finanziari e carrier telefonici. E, fenomeno più frequente in campo motociclistico ma a volte accennato anche con le quattro ruote, i colori di successo vengono imitati e riprodotti, pure ufficialmente, anche sulle versioni stradali replica delle auto da corsa.

NO MARTINI? La memoria corre alla Delta Integrale Martini piuttosto che alla Toyota Celica Castrol entrambe protagoniste sugli sterrati e anche in videogames di successo come Sega Rally. La riproduzione e la presenza continua dello sponsor nei videogame aumenta l'importanza del merchandising e delle occasioni di comunicazione. Tutti fattori che alimentano l'importanza della personalizzazione grafica dei bolidi e degli accessori intorno al pilota. Dal berrettino al casco, dalla tuta alle scarpe fino al camion che fa la spola tra le piste.

ALBUM FOTOGRAFICO E allora ognuno potrebbe fare come Sven Voelker, che armato di bomboletta e macchina fotografica è partito dalla propria collezione di modellini per ripercorrere un pezzo di storia e di sponsor a motore. Le foto che vedete alla gallery appartengono in parte al suo libro (Go Faster, the racing design of racing cars, Gestalten 2010) e in parte ad una nostra selezione di auto colorate dalla fantasia e impresse nell'immaginario collettivo o nella memoria di bambini, quando ancora non si capivano e apprezzavano differenze tecniche e non importava se il nome era quello di una pompa di benzina o di una bottiglia di liquore, ma a governare tutto erano il suono delle parole e i colori dell'arcobaleno.


Pubblicato da Luca Pezzoni, 17/04/2010
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