Uno studio dell'agenzia Transport & Environment ha scoperto che i popolari servizi di trasporto privato potrebbero non fare così bene all'ambiente come si pensa
TAXI PRIVATI Nel pensiero comune, i servizi di trasporto privato come Uber e Lyft (in alternativa al trasporto pubblico) possono rappresentare uno degli strumenti con cui ridurre la nostra impronta di CO2 sul pianeta. Analogamente, anche le soluzioni di car sharing sono considerate particolarmente ecologiche. Il motivo è presto detto: si pensa che lasciare la propria auto a casa, o addirittura evitare di comprarla, usandola solo quando necessario o chiamando un servizio di taxi, sia più rispettoso dell’ambiente.
UBER-INQUINANTI Una ricerca pubblicata di recente da Transport & Environment (formato PDF), agenzia europea che si occupa di studiare le problematiche legate al traffico e all’inquinamento, dice in realtà l’esatto contrario, ossia che nelle grandi città europee come Parigi o Londra (non Milano, perché Uber da noi non è ammesso) servizi come Uber e Lyft contribuiscono ad aumentare le emissioni inquinanti. Nella capitale inglese, per esempio, il rapporto di T&E sostiene che da quando c’è Uber gli spostamenti su auto private sono aumentati del 25%, portando dal 2012 al 2018 un incremento del 23% nelle emissioni di CO2.
Servizi come Uber e Lyft contribuiscono ad aumentare, e non a ridurre, i livelli di CO2 nell'aria
TROPPI TAXI IN CIRCOLAZIONE? Il colosso della mobilità on demand ha 45.000 autisti a Londra, che da soli gestiscono metà di questi spostamenti in città. Uniti a quelli dei taxi tradizionali, rappresentano il 12% del traffico nei giorni feriali. Il punto è che la diffusione di Uber non è corrisposta a una diminuzione dei taxi, portando quindi a un aumento delle auto private circolanti in città. A questo si aggiunge la comodità del servizio, che molti finiscono per preferire a quello del trasporto pubblico, invertendo il trend che negli ultimi anni aveva visto ridursi il numero di corse effettuate dalle auto private.
LE POSSIBILI SOLUZIONI Secondo lo studio di T&E, infine, le operazioni di Uber a Londra, Parigi e Bruxelles avrebbero immesso nell’aria un quantitativo di CO2 pari a quello generato da 250mila auto private. Un dato aggravato dal fatto che gran parte delle macchine degli autisti di Uber sono a gasolio, e non tutte recentissime. La soluzione proposta non è ovviamente chiudere i servizi o limitarli: la gente li usa, li apprezza, e in generale hanno senso. L’unica strada percorribile è incentivare Uber e altre aziende analoghe a puntare su veicoli meno inquinanti. Chissà se lo faranno, in che misura e in quali tempi, e se questo avrà un impatto sulle tariffe applicate.