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Formula Uno

Pirelli: a Monza il P Zero fa il duro


Avatar di Luca Cereda, il 13/09/14

10 anni fa - Ecco come il P Zero ha superato il test da sforzo del GP d'Italia

Un solo pit stop per (quasi) tutti: a Monza il P Zero fa il duro nonostante stress da record

UNA VITA DA PNEUMATICO Dura la vita di chi è sempre… “in giro”: Melbourne, Sepang, Barcellona, Montecarlo, Monza. Ma anche, e soprattutto, “in giro” su se stesso: qualcosa come 50 volte al secondo, che in un minuto diventano 2800. Roba da capogiro. Per un pneumatico di Formula Uno tutto questo è ordinaria amministrazione, o quasi. I numeri di cui sopra, per esattezza, costituiscono un piccolo record, registrato quando la Red Bull di Ricciardo ha superato i 362 km/h sul rettilineo del Gran Premio di Monza. E’ il più alto picco di velocità raggiunto quest’anno in F1.

STOP AND GO Anche in questa circostanza il Pirelli P Zero ha svolto il proprio lavoro – è il caso di dirlo – senza troppo scomporsi. E lo dimostra anche il fatto che quasi tutti i piloti hanno concluso la gara con un solo pit stop. Un solo cambio gomme, con circa 24 secondi solamente persi nella pit lane, ha permesso ai dieci migliori in griglia di passare dalle P Zero White medium ai P Zero Orange hard, e quindi sfruttare al massimo il basso degrado delle mescole. Una performance eccezionale, a conti fatti, considerando che il circuito italico, per la sua conformazione, sottopone le gomme a sforzi e carichi pesantissimi. Volete qualche numero?

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CHE STRESS! Mille. Tanti sono i chili che ciascuna gomma può mettersi in groppa quando una monoposto tocca i 350 km/h. Questo, a Monza, normalmente si verifica più volte nel corso dello stesso giro, mettendo la gomma ripetutamente sotto torchio. Senza dimenticare che, oltre al carico, vanno messe in conto anche le forze centrifughe.

SOTTO E SOPRA Sotto simili carichi, l’impronta a terra aumenta e la parte di pneumatico a contatto con l’asfalto subisce sensibili deformazioni (vedi grafico). Qui, a fare la differenza è la struttura del pneumatico, che deve quindi essere eccezionalmente forte ed elastico per resistere a queste flessioni costanti e “copiare” per bene l’asfalto. Allo stesso tempo, la parte superiore della gomma, quella non a contatto con il suolo (vedi secondo grafico) è soggetta a un’imponente forza centrifuga, ma la sua forma cambia solo per un 1%. Un risultato consentito dal basso peso della gomma e dalla straordinaria rigidità dei materiali dei P Zero scesi in campo a Monza.

LA CORSA IN PROVETTA Come si è arrivati a una prestazione del genere è presto detto: questione di preparazione… “fisica”. Nei test di laboratorio, infatti, le gomme da Formula Uno sono appositamente sottoposti a prove estreme, le stesse (o peggiori) che affronteranno in gara. Si parla, per intenderci, di accelerazioni da 0 fino a 450 km/h, o di test di impatto a 250 km/h, simulando ad esempio violenti scontri con i cordoli. La dura vita del circuito viene ricreata tra quattro mura, almeno nel suo lato più scientifico, per produrre "scarpe" all’altezza delle auto più esigenti. Non solo monoposto, ma anche supercar gommate Pirelli di primo equipaggiamento.


Pubblicato da Luca Cereda, 13/09/2014
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