A proposito di Giappone e di design. Ecco l'ultima concept Nissan esposta al Salone di Tokyo. L'idea: rinverdire i fasti dello Shogunato Edo di quattrocento anni fa con attraverso una vettura che possieda lo spirito del tempo, declinato nelle modalità, forma e tecnologia attuali. Questo il risultato.
FUTURISMO A FUMETTI Già, perché nella confusione di tempi e stili, i designer della Nissan hanno tratto un’ispirazione congiunta dallearti tradizionali giapponesi di quattro secoli or sono (quando Tokyo si chiamava Edo) e dalla Roadster del 1935, prima vera auto prodotta dalla Nissan, che allora si chiamava Datsun.
PAPERINO & CO. La Jikoo ha dimensioni veramente compatte e volumi che, in effetti, riprendono le chiavi visuali vagamente futuriste tipiche dell’anteguerra. Che – azzardiamo - sono forse le stesse che ispirarono la linea della "313": cofano alto e lungo ad esprimere potenza, parafanghi sottili ma sporgenti, il minuto abitacolo rigorosamente aperto e una coda corta dotata di divanetto a scomparsa chiamato "Karakuri seat". Per trasportare Qui, Quo e Qua, o un paio di passeggeri reali, se si preferisce.
ARTIGIANATO LOCALE Certo, le linee sono molto più morbide e affusolate di quanto potessero permettersi i designer dell’Impero negli anni Trenta. Richiamano l’armonia e la dolcezza di storica tradizione giapponese con vetri opalini che carenano i fari anteriori diffondendo luce come attraverso una parete di carta di riso, metallo battuto come una teiera d’argento ad adornare i parafanghi anteriori, colori finemente laccati della carrozzeria e cerchi ruota in stile liberty a trifoglio. L’interno non è da meno: sempre originale e al limite della bizzarria. Un’aria Zen pervade l’abitacolo e, senza dubbio, l’atmosfera è molto New Age.
VENTAGLI Intanto le portiere paiono disegnate da un esperto ebanista, il pavimento è artigianalmente plasmato in legno (impregnato con resine antisdrucciolo) ed entrambi evidenziando la volontà di stimolare la sensazione di guida da diverse angolazioni. Antiche e moderne.
MACCHINA DEL TEMPO Anche la plancia non si sottrae a questa "polivalenza culturale": ha la forma del ventaglio di una geisha (volentieri la vedremmo seduta accanto ad un elegantissimo samurai guidatore), ma è integrata con soluzioni elettroniche, molto particolari. Se dalla parte del guidatore la strumentazione è basata su un impianto di navigazione – chiamato Tokio Navi – il monitor sull’altro lato mostra la mappa della città nei tempi antichi, quando ancora si chiamava Edo e Ninja non era il nome di una moto. Un effetto da "time machine", insomma.
SILENZIO Infine, la ciliegina sulla torta. La continuità tra passato e presente è assicurata da una voce narrante – forse un po’ inquietante – che sottolinea i punti di interesse storico al passaggio per le vie della capitale. Bello, per carità. Però viene da augurarsi di non ripetere spesso lo stesso percorso…