E' un autentico missile! Stavolta però, alla faccia del nome, la Nasa non c'entra e non c'è nemmeno da andare sulla Luna. Questa supercar si accontenta (si fa per dire ) di far mangiar la polvere alle sportive in circolazione. Per ora è soltanto un prototipo ma
MITICA E' solo una curiosità: con Apollo s'intende il Dio greco del Sole e della Poesia, oppure Apollo come le navicelle delle missioni spaziali americane? Bisognerebbe chiederlo a Roland Gumpert, per lunghi anni al timone dell'Audi Sport e ora a capo dell'omonimo progetto tutto tedesco, che punta senza mezzi termini a ritagliarsi un posticino di spicco tra i costruttori di supercar. Il sospetto è che la risposta giusta sia la seconda, visto che la ricerca di un'efficacia aerodinamica impedisce a quest'Apollo di essere un esempio di eleganza mentre le prestazioni permettono di definirla sicuramente un missile...
TERRA -TERRA E come missile è sicuramente un missile terra - terra, non solo per il fatto di non avere attitudine al volo ma anche per l'altezza ridottissima, pari a 1.105 mm, con una lunghezza di 4.250 mm e una larghezza di 1.960. La sagoma della carrozzeria non avrebbe stonato qualche tempo addietro alla partenza della 24 ore di Le Mans, con una linea di cintura talmente bassa che si alza e s'ingobbisce per seguire il profilo dei passaruota. Il corto frontale è dominato da tre enormi prese d'aria, schermate da una fitta rete metallica a nido d'ape. I fari sono triangolari e si estendono verso i parafanghi sotto i quali trovano posto cerchi da 19" con pneumatici Pirelli 255/35. Stesso diametro anche al posteriore, dove le gomme misurano però 345/35.
SI DA' LE ARIE Le fiancate sono scavate e movimentate da enormi squarci a ridosso dei passaruota, utili a dare sfogo ai bollenti spiriti della meccanica, montata in posizione posteriore centrale. La cellula dell'abitacolo è quanto di più compatto ci possa essere, con un padiglione filante, stretto e basso, sormontato da uno snorkel quasi identico a quello che sovrasta i caschi di Alonso e soci. Il trittico di aperture con effetto alveare si ripropone anche nella coda, sovrastata da un alettone tanto discreto quanto (pare) funzionale. D'altronde, per capire quanta attenzione venga prestata all'aerodinamica, basta dare uno sguardo all'orlo che incornicia la parte bassa della carrozzeria per creare un effetto suolo con la complicità dell'enorme estrattore posteriore. Il risultato è un carico verticale che all'approssimarsi della velocità massima può arrivare a superare una tonnellata.
PUO' ANCORA CRESCERE A cosa serva tutto ciò lo si intuisce dalle credenziali della meccanica, di derivazione Audi e tirata a lucido dall'atelier MTM di Roland Mayer, un'autorità nell'elaborazione dei motori di Ingolstadt. Una scelta quasi obbligata, alla luce del patto secondo cui Gumpert ha carta bianca per utilizzare componenti Audi, mentre la Casa tedesca può sfruttare a piacere gli studi e i brevetti del suo ex-manager. Incastonato in telaio tubolare realizzato in acciaio al cromo molibdeno e alluminio con l'aiuto dell'Università di Monaco e della Nimec, c'è dunque un V8 4.2 biturbo capace di ben 650 cv a 6.800 giri e di una coppia di 810 Nm a 5.000 giri. Regimi ancora di tutto riposo che, stando alle voci che circolano, lasciano margini per ulteriori potenziamenti, fino alla soglia dei 1.000 cavalli.
A RAZZO Perché, in fondo, arrivare a tanto? Già così, con un peso a secco nell'ordine dei 1.100 kg e con la complicità di un rapidissimo cambio sequenziale a doppia frizione e a sei marce ispirato al DSG Audi, l'Apollo impiega 3 secondi netti per toccare i 100 km/h e 8,9 per vedere la lancetta del tachimetro superare quota 200. Spiaccicando il pedale destro sul pavimento e con una folta pelliccia sullo stomaco si possono toccare i 360 km/h. Meglio non pensare a cosa potrebbe accadere con 350 cv in più!
DITA INCROCIATE I freni sono a disco da 380 mm con pinze a otto pistoncini. Le sospensioni sono a quadrilateri con schema push-rod, sorrette anteriormente da un telaietto monoscocca in carbonio. Roba insomma degna della scheda tecnica di un'auto da corsa, proprio come lo scarno abitacolo, cui si accede infilandosi sotto le porte ad ala di gabbiano e al di là dei tubi della struttura di sicurezza. Due sedili a guscio, un volante minuscolo in Alcantara, un piccolo cruscotto a cristalli liquidi e una consolle centrale in carbonio con un mare d'interruttori, al di là di una leva del cambio lunga ed esile come un manico di scopa. Tutto è ridotto all'osso ma c'è quanto basta per mandare in visibilio i cultori del genere e per sperare di cuore che Herr Gumpert trovi le risorse per far decollare la produzione dell'Apollo.