La Muscle Car si fa latina. E dall'Olimpo dei designer si possono regalare reinterpretazioni dei miti. Anche americani, lontani da noi per filosofia e carattere. Il risultato è piacevolmente Mustang ma anche molto, forse troppo, raffinato. Guest Star al Salone di Los Angeles.
ITALIAN JOB Già c'era un pezzo d'Italia nella Mustang originale. Con Lee Iacocca che rivestì un ruolo decisivo nel regalare ai baby boomers l'auto con cavallo selvaggio sulla mascherina. Poi Giorgetto Giugiaro lavorò alla Mustang Bertone del 1965. Oggi tocca a Fabrizio, che ha dato forma e vita ad un'idea nata nel 2005. Al momento della presentazione della Mustang più bella di tutti i tempi. Dopo l'originale, si capisce.
FOGLIO BIANCO Per stessa ammissione del giovane Giugiaro, che ha guidato la realizzazione del progetto, in quel momento è nata la voglia di "metterci le mani sopra". Per provare a reinterpretare il mito, senza i limiti legati alla produzione in serie e senza compromessi. Tipici di ogni progetto che poi, oltre che in passerella, deve essere venduto. Gli stilisti, che si posizionano in ruoli di avanguardia, devono fare anche questo: regalare sogni, puri esercizi di stile che riflettano immagine, storia e carattere di un modello. O di un brand.
30.000 ORE Dopo 30.000 ore di lavoro, lacrime e sangue ecco il risultato. Dallo schizzo sul foglio bianco, passando per i modelli in 2D, fino alla maquette. La Mustang by Giugiaro non lascia indifferenti. Mito e firma si uniscono in una contaminazione di stile, caratteri genetici e soluzioni inaspettate, per un concept che ridefinisce il look muscolare. Rendendolo sempre possente ma anche, molto, ammiccante alle sinuosità mediterranee. Uno stravolgimento ancor più sorprendente se si pensa che sotto, la base è quella della Mustang che conosciamo.
BOCCA DI FAMIGLIA E allora cominciamo a guardarla dal muso. Inequivocabilmente Mustang, con le barre della mascherina che si allargano dal bordo del cofano scendendo verso il basso.I fari incassati e un profilo leggermente corrucciato. Il trucco sta qui, Giugiaro ha allungato leggermente il cofano. Il cavallo in corsa argentato toglie ogni equivoco possibile su quale auto possa essere. Anche guardandola dallo specchietto retrovisore. Il colore è un arancio brillantissimo con la gobba sul cofano nera opaca. Sa molto, forse troppo, di Dodge Challenger.
TREQUARTI Spostando la visuale in un'ipotetica camera a 360 gradi la vista di trequarti conferma che, pur trattandosi di Mustang, le matite hanno lavorato al punto di poter dire che... è cosa altra. Tra il parabrezza che non finisce e crea una bolla di vetro, il cofano che si appoggia sui passaruota nel suo profilo e la fiancata solcata da una scalfatura ampia, l'insieme parla inequivocabilmente il linguaggio di Giugiaro. E ci viene in mente un'altra reinterpretazione del mito. Un altro cavallino, questa volta rampante. Qua e là qualcosa della GG50, il regalo che Giorgietto si è fatto per il cinquantesimo d'attività, ci sembra di scorgerlo.
FUORI I MUSCOLI Ma poiché di muscle car si tratta, ecco in aiuto il fianco posteriore, che visto sia di lato sia da angolazioni diverse regala l'idea di una spalla forte. Come quella di un centometrista pronto a partire. Sono giochi sottili, fatti di differenze, come la cupola abitativa che è dolce e ben raccordata ma anche leggermente più stretta della "base" dell'auto. Segnata dalla linea di confine del finestrino e che sotto la cintola si allarga di qualche centimetro: tre davanti e otto dietro. Il lavoro di cesello regala poi una piccola branchia, una per parte, subito dietro le portiere. Che si aprono verso l'alto, incernierate sul davanti, alla pressione del solito tastino magico.
DISCUTIBILE Continuando nella visione si arriva alla parte più discutibile. La retro-Mustang. Quella che nell'ipotetico Bar Sport dell'auto darebbe vita a discussioni senza fine e senza reali vincitori. Inizialmente lascia un po' perplessi, leggermente pesante e quasi in disaccordo con il resto della creazione, molto levigata. Poi, invece, si iniziano a scorgere reinterpretazioni d'autore.Come i fanali posteriori tripartiti e in misura decrescente verso l'interno, vedi la Mustang del 1964. E ripresi nella loro triplice essenza dalle già citate branchie laterali. E poi tutta l'aria d'insieme del posteriore che regala un revival Anni 70 ma in chiave futura. Sembra quasi scolpita dal pieno.
FASTBACK Alla fine il fatto sorprendente è che, a seconda delle angolazioni e delle prospettive, la Mustang finisce per sembrare non solo una coupè sportiva, ma anche una fastback. In ogni caso il posteriore sembra davvero la parte più americaneggiante e verace. Quella che traduce in pratica i concetti di ribellione e spregiudicatezza della sportiva americana. Il riferimento alla GT Fastback del 1966 pare evidente.
SARTORIALE Tanta grandeur stilistica non poteva tradursi in interni scialbi e tirati via. Un tripudio di pelle brown e arancio con un effetto anticato e intarsi di pelle di cavallino, finezza da tappezzieri d'interni, a regalare un'immagine a misura di ranch texano, piuttosto che da finanziere di Wall Street. E poi cavallini simbolo del brand, in peluche anche loro sui sedili a marchiare a fuoco in identità già decisa di suo.
PONTE DI COMANDO Anche il ponte di comando non delude, del volante tutto in pelle mozzato in basso e col cavallino cromato che corre al centro non si può che dire bene. I due strumenti principali sono incastonati in due cerchi cromati che danno l'idea di pesare 1 kg l'uno. Ma anche di poter brillare per anni. E tutto l'ambiente sembra coniugare ricercatezza e semplicità al tempo stesso. Con la leva del cambio che sembra la manetta di un aereo.
BOLLA DI VETRO Bonus inaspettato e di cui ci si rende conto solo guardando le foto degli interni è la bolla di vetro. Che offre un panorama da cockpit aeronautico, quasi da aereo da training. Interrotto solo dagli archi che congiungono l'anteriore col posteriore. A guardarla da fuori non ci si accorge di questi effetti. Roba da intenditori. O da chi si può permettere di gustare i dettagli che fanno la differenza. Abbandonando le frenesie quotidiane.
TANTASOSTANZA Ma la Giugiaro Mustang non è solo forma, un puro esercizio di stile per far spalancare le bocche al Salone o ai guardoni appassionati di automobili. Sotto c'è la ciccia. Se la base è quella della Mustang, che ha rinfocolato i cuori degli appassionati, qui non manca neppure l'elaborazione ad hoc. Make up esterno, tuning interno. La reinterpretazione torinese del cavallino galoppante doveva regalare anche un temperamento focoso.
AGGIUNTINA Detto fatto. Che poi Ford avesse già preparato e fatto correre una Mustang per la Grand-Am Koni challenger Series, non è solo un caso. Denominata FR500C, ha raccolto anche cinque vittorie contro il gotha delle sportive europee, comprese 911 e M3. Da lì si è presa ispirazione, aggiungendo al motore di serie un bel compressore. E già che si fa trenta meglio fare trentuno, pure gli iniettori sono stati rivisti. Prese d'aria, respirazione aiutata con bocche larghe e filtri leggeri e scarichi provenienti dal reparto Racing hanno completato l'opera. Non si sa molto del risultato finale, se non che i cavalli ora sono 500, ben 200 in più dell'originale e 50 oltre la Shelby...
HANDLING PACK Parlando di cavalli e non di auto, i Mustang si distinguono per carattere coraggioso e indipendente ma anche difficile da dominare. E anche il cavallo con le ruote qualche critichina, specialmente nella versione Shelby-Cobra, se l'è pure presa dai severissimi tester delle riviste specializzate. Non poteva mancare il tuning per telaio e sospensioni. Disponibile anche come optional sulla Mustang americana, aggiunge nuove molle, nuovi ammortizzatori e barre antirollio. L'assetto risulta più basso di tre centimetri e il risultato finale viene migliorato dalle scarpe. Che per l'occasione calzano sui cerchi da venti pollici dei 275/40 davanti e dei 315/35 dietro. Promettente.
ALLUCINAZIONE Forse però a qualcuno è capitato di vederla nell'hinterland torinese. Era Fabrizio Giugiaro che, mentre teneva tra e mani il volante del sogno divenuto lamiera e pelle, si è anche sbilanciato, dichiarando "è tanto bella da guardare quanto da guidare". Comunque sia, come benefico effetto della globalizzazione, da oggi abbiamo anche una Mustang italoamericana che insegna oltreoceano come sarebbe, da noi, una Muscle Car. Meglio l'originale, verace e sfrontata, o la reinterpretazione, d'autore e destrutturata? De gustibus...