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Concept car:

Fiat Mio


Avatar Redazionale, il 28/10/10

14 anni fa - Due posti e quattro motori elettrici: sarà la citycar del futuro?

Sotto i riflettori del Salone di San Paolo, la Fiat Mio svolge il tema della citycar del futuro. A spingerla ci sono quattro motori elettrici, uno per ruota.

CONQUISTADORES A pochi giorni dalla dimessa e apparentemente svogliata apparizione al Mondial de l'Automobile di Parigi, la Fiat cambia aria e registro e, in occasione del Salone di San Paolo, in Brasile, dà prova di ben altra vivacità. A quelle latitudini, d'altro canto, i motivi per stare allegri e lavorare con entusiasmo non mancano: la parola crisi non esiste, le vendite vanno a gonfie vele e il marchio torinese è leader del mercato. Sulla passerella sudamericana si contendono così i riflettori la Uno, una piccola che laggiù va via come il pane e che ora è declinata anche in una variante cabrio, e la Fiat Mio (nome in codice FCC III, sigla che dice che è la terza Fiat Concept Car). Quest'ultima è un prototipo confezionato dalla Casa prendendo spunto anche da idee e disegni proposti dagli internauti su un apposito sito.

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SCIENZA, NON FANTASCIENZA Proprio la Fiat  Mio merita un po' di attenzione. Per il momento è chiaramente un semplice esercizio di stile ma non è detto che nel futuro le cose non possano cambiare e che da una sua costola non possa nascere una citycar tascabile. Fino a un po' di tempo fa una macchina simile sarebbe stata bollata come "fantascientifica" ma oggi l'aggettivo "futuribile" le calza sicuramente bene.

ALL'OSSO Lunga circa due metri e mezzo, larga meno di uno e sessanta e alta altrettanto, la Fiat Mio è pensata con quattro motori elettrici, uno per ogni ruota. L'abitacolo è a due posti secchi e fa del minimalismo la sua filosofia. Il tutto è studiato pensando a una mobilità doppiamente sostenibile, dall'ambiente e dalle tasche di chi si vuole spostare. Quello che non c'è, in fondo, non pesa e non costa, non si può rompere e non va nemmeno riciclato alla fine dei suoi giorni.


Pubblicato da Paolo Sardi, 28/10/2010
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