Coupé bella e dannata. Con un nome pesante, di quelli difficili da portare. Ancor di più da un Marchio non italiano, non mantovano. Tant'è. Lei, la "Nuvolari quattro" è la dimostrazione di quel che sarà, di ciò che compone il blocco schizzi sulla scrivania Audi. Prototipo, certo. Ma non solo.
È il risultato delle ultime tendenze tratteggiate dai Quattro Anelli, leggi Pikes Peak giusto per rimanere sulla stretta attualità. Ma è anche il frutto di programmi ben definiti, quelli diretti da Walter de’ Silva, capo design della Casa deutch con passaporto tutto italiano. Modernizzare, mostrare la direzione, sì, ma con dei bigini in tasca, degli appunti in bianco e nero.
Calandrona imponente
, linee tondeggianti che rischiano di accomunare muso e coda, rendendoli sempre più simili: tutte cose già viste, fine anni Trenta: Auto Union. Le creature montate a pelo dal buon Tazio Nuvolari, appunto. From Mantova. La futura Audi. Come quella portata sul gradino più alto al GP di Belgrado, 3 settembre 1939: l’ultima vittoria per l’Auto Union. Ecco spiegata la scelta del battesimo ardito. Ecco spiegato il profilo dell’ultima nata.Più di quattro metri e mezzo di coupé (4,8m la lunghezza precisa, per 1,92m di larghezza, 1,41m di altezza e un passo di 2,89m) con l’impronta della TT esasperata fino a sfiorare numeri da ammiraglia. E si parla di nuova A8, infatti, almeno nella versione a due porte, almeno nel clamore di un salone: il non plus ultra di famiglia, stringi stringi.
Acquattata
, cintura alta, spalle larghe, muso cattivo, coda meno aggressiva ma ugualmente d’impatto. Se le idee per il futuro sono queste, ben venga attingere all’archivio. Linee nette per i gruppi ottici anteriori e posteriori (a LED), calandraenorme affiancata da due prese d’aria laterali, montanti posteriori che chiudono il tetto in punta di piedi e molto altro. Vedi gli specchi laterali a prova di cx, lo scalinolaterale che raccorda la vista anteriore a quella posteriore passando rado sopra la maniglia della portiera.Neanche a dirlo che la struttura tutta è timbrata a fuoco Audi Space Frame, sinonimo di alluminio in ogni dove, neanche a dirlo che il capitolo propulsore fa il botto. Si parla del cuore più potente mai prodotto in quel di Inglostadt per un prodotto non destinato – specificamente – alla pista. È il V10 di 5.0 litri, biturbo e iniezione diretta della benzina FSI: 600 cavalli di potenza massima (441 kW) e 750 Nm di coppia. Il che sta per 4.1 secondi bello che sufficienti per toccare I cento con partenza da fermi e 250 km/h di massima governata rigorosamente dal computer.
La trasmissione è automatica a sei rapporti, tutta "by wire" cioè senza il minimo collegamento meccanico, la trazione chiaramente distribuita in modo permanente sulle quattro ruote. I cerchi da 21 pollici fanno parte del maquillage da riflettori, ma sono, saranno, pure funzionali in caso di eventuali sviluppi concreti. Sospensioni ad aria auto adattive con tre differenti assetti a seconda della velocità
La 2+2 continua nell’esagerazione a portiera aperta. Pelle e alluminio, dentro, con una strumentazione riassunta nelle due gocce del cruscotto, una consolle centrale da Boing 777, volante a tre razze con la base piatta per quel fremito da corsa e una plancia bicolore (nero Stromboli e bianco Carrara, mica pizza e fichi), pulita ed elegante. Il bagagliaio dice 350 litri di volume di carico. Concept car, ribadiamo, ma con un "ma" e dei puntini di sospensione.