Eccola. Presentata per bene, con tutti i crismi. Nome: "Enzo Ferrari". Segni particolari: fate un po' voi. 349 gioielli, non uno di più, per altrettanti benestanti fortunati che potranno andarsene in giro per le strade cittadine con una Formula 1 targata. E fermare il cronometro su 3,65 secondi per leggere cento sul tachimetro, e fermare il battito cardiaco dei passanti tirando una sgasatina, così tanto per gradire.
Riassunto. Motore in posizione centrale, sospensioni a quadrilateri deformabili, scocca interamente in carbonio, cambio sequenziale con comandi al volante, livelli aerodinamici sopraffini. E poi il noto bigliettino da visita, il dodici cilindri a V di 65 gradi, rivisto e rifatto ad hoc, con fasatura variabile delle valvole, una cilindrata di 6000 cc e la bellezza di 660 cavalli di potenza massima, che per intenderci non vedono nemmeno poi tanto in lontananza gli 800 di Schumi.
Facile prevedere la reazione dei più: bocca spalancata, sospironi, tachicardia sparsa. Pochi i critici, qualche indomito porschista, un paio di nostalgici McLarenisti, magari, un grappolo di adepti del buon Montoya. Stop. Per il resto c’è, volendo, da cercare il pelo nell’uovo: quel nome lì, bah. Sia mai, tanto di cappello al Drake, intoccabile leggenda, ma suona bene?
Nome e cognome, quel nome e cognome (dopo la "Dino", certo) per una macchina? "Enzo Ferrari", che poi diventa la "Enzo" e basta o la "Ferrari Enzo" (stile patente e libretto o appello a scuola) o la "Ferrari Enzo Ferrari" ripetizione che finisce per creare cefalee croniche. Occhei, cavilli finiti – il prezzo di 650 mila Euro, era immaginabile – via con la pletora di superlativi. Dovuti. Meritati.
GTO, F40, F50
, dicono qualcosa..? E’ l’esclusiverrima cerchia fatta di Cavallini esagerati, limitati, volutamente non plus ultra di sapere tecnico ed esperienze sportive, nata con quella 250 LM, fortemente voluta da lui, l’Ingegnere, che oggi dà nome e cognome all’ultimo incanto. Corse e vetture di serie, settore commerciale e piste. Poche le maison che si possono permettere di integrare i due mondi, a questi livelli. Con un tale, tedesco, che si sfila dalla monoposto con l’uno sul musetto, e ti va a mettere a punto l’attrezzo da strada. I 348 futuri possessori ringrazieranno la sensibilità di Michael: uno – il 349°, o forse il 1°, della lista - lo fa giù tutti i giorni. Trattasi di Mounsieur Jean Todt, in attesa di una Enzo nera, cosa che non si può dire, ben inteso.FUORI
Chiudere la F2001 e disegnare partendo da lì. Borghesizzando un essere da circuiti, sellando un purosangue. Il naso, ad esempio, poco da fare, è quello del Circus, con le due prese d’aria dei radiatori e la parte centrale rialzata: compaiono i gruppi ottici bi-xeno ad andamento longitudinale, spalle alte, massicce, un parabrezza che è il cockpit di un caccia. La vita è stretta, convessa, ricorda le pance della F1, e si contrappone al volume dei parafanghi, sul filo esterno delle ruote. Imbarazzanti le prese d’aria che incorniciano gli sportelli, a boomerang quella anteriore; imponente, un eufemismo, quella posteriore.
Dietro è il regno degli scivoli aerodinamici che si raccordano al sottoscocca, mentre il padiglione a goccia, compatto e rastremato, provvede a portare l’aerodinamica a rasentare la perfezione. Tanto che non si è sentito il bisogno di un alettone fisso o di ammennicoli strani e sgraziati. Le due coppie di terminali sbucano sobrie dai lati, mentre i tradizionali gruppi ottici circolari escono perentori dalla carrozzeria. E le portiere, che si aprono a farfalla – omaggio alle vetture da competizione del passato, vedi, tra le altre, la 512 M – incernierate al tetto e al parafango, per facilitare l’ingresso nell’abitacolo. I materiali compositi avanzati sono la norma: per i particolari sono stati utilizzati sandwich in fibra di carbonio e nido d’ape d’alluminio, per ridurre i pesi e forgiare profili inediti.
DENTRO
Si entra in una – elegante – bolgia dantesca. Un antro limitato, stretto, che trasmette d’impatto la sensazione di enorme potenza, di prestazioni da non scherzarci, numeri da aver paura. Funzionalità e leggerezza le parole d’ordine, con elementi isolati e "nudi" agganciati da una traversa strutturale in alluminio, superfici in fibra di carbonio a vista e un volantino che è parente strettissimo di quello preso a pugni da Schumacher dopo la vittoria dell’ultimo mondiale. Con la parte superiore smussata per non limitare la visibilità e una serie di led con funzione di ripetizione, spie e indicazioni dei giri motore.
Sono sei i comandi: sollevatore vettura, retromarcia, ASR, modalità del cambio, configurazione display (due). Il quadro strumenti è compatto e misto analogico-digitale, quest’ultimo nella forma di uno schermo a grafica riconfigurabile. Sedili "racing" in fibra di carbonio, che avvolgono come un guanto e pancia laterale da scavalcare a fosbury per entrare.
C’è di più: il sedile uno se lo sceglie come fa per un paio di pantaloni: quattro taglie, S, M, L e XL, con la possibilità di personalizzazione in sedici configurazioni che uniscono seduta e schienale. Il peso del sedile poi di 12,4 kg, guide incluse, è l’ennesimo primato della Enzo. Sedici configurazioni anche per la pedaliera (freno e acceleratore), per piazzarsela a proprio piacimento durante la visita pre-acquisto in quel di Maranello. Non fate quelli che si stupiscono che non ci sia la radio: non c’è punto. Suona il V12. Pare poco?
AEORODINAMICA
La Enzo rivoluziona tutto. Sono due gli obiettivi della supercar di Maranello: aumentare il limite di aderenza nelle curve medio-veloci e mantenere elevata (molto) la velocità massima, obiettivi praticamente contrastanti. È qui il bello, è qui che inizia il prurito alle mani degli uomini in rosso. Troppo facile cambiare la configurazione aerodinamica delle monoposto da gara, sfruttando ali e accessori a seconda dei circuiti del mondiali: qui, tutto deve rimanere all’interno di una configurazione unica, sfruttando la cosiddetta aerodinamica attiva e integrata. Come? Tramite specifiche caratteristiche elastiche della meccanica della vettura e il controllo attivo. Con due configurazioni: alta deportanza e alta velocità.
Sono rigidezze variabili con l’altezza da terra a far assumere alla vettura l’assetto ottimale, assetto mantenuto costantemente all’aumentare della velocità. Quando le velocità toccano cifre particolarmente impegnative, intervengono i dispositivi aerodinamici controllati attivamente, le ali anteriori e posteriori, a limitare il valore massimo di carico verticale. È una coppia di superfici mobili (flap) piazzata negli scivoli anteriori e lo spoiler posteriore estraibile.
Numeri? Il carico aerodinamico varia da 344 kg (a 200 km) a 775 kg (a 300 all’ora), fino a 585 kg (a quota 350 orari). La scelta è caduta sulla configurazione a muso alto e ala anteriore bassa, mentre il fondo posteriore è formato dai due grandi diffusori ottimizzati nel profilo longitudinale. Gran parte del carico anteriore è stato poi ottenuto dagli scivoli dei radiatori (dotati di flap) e dalle uscite aria dietro alle ruote anteriori.
MOTORE
La sigla del cuore della Enzo è F140, progettazione del tutto nuova derivata dalla F1. La cilindrata è di 5998 cc, con un rapporto di compressione di 11.2. La camera di combustione tipo pentroof, le quattro valvole per cilindro e i condotti di aspirazione e scarico disegnati per massimizzare i coefficienti di efflusso e la velocità di combustione. Il collettore di aspirazione a geometria variabile arriva pure lui dai circuiti, mentre la gestione del motore è garantita dalla centralina Bosch Motronic ME7. La potenza massima è di 660 cv a 7800 giri al minuto, con una coppia di 657 Nm a 5500 giri, 19,6 secondi per percorrere un chilometro con partenza da fermo. Rende l’idea?
CAMBIO
Solo e unicamente la versione F1, non altro. Non sperate in una modalità completamente automatica. E 150 millisecondi per passare da una marcia all’altra con le dita sulle leve dietro al volante, merito di una nuova strategia di controllo. Sul volante, non solo le palette in carbonio, pure i pulsanti di attivazione della retromarcia e della configurazione Sport/Race della cambiata.
La Sport, già bella cattiva, studiata per l’uso prevalente della vettura, Race per un’ulteriore estremizzazione del comportamento selvaggio, in poche parole per la pista. Due modalità, due logiche integrate del controllo di ammortizzatori e trazione. E in Race e ASR disinserito c’è il "launch control", per emulare Schumi in partenza (e condizioni di buona aderenza). Vroom.
SISTEMI DI CONTROLLO
Siamo di fronte al primo esempio di completa integrazione dei sistemi di controllo del veicolo. Motore, cambio, sospensioni, ABS e ASR, aerodinamica, interagiscono per portare le prestazioni – e la sicurezza – al top dello scibile umano. Una sensoristica specifica con la gestione dei diversi sensori distribuita tra i vari sistemi di controllo, ognuno dei quali condivide le relative informazioni con il resto del sistema.
SOSPENSIONI
Anteriori e posteriori indipendenti a quadrilateri articolati, con geometrie cosiddette "antidive-antisquat" per contenere il beccheggio (i movimenti longitudinali in frenata). Davanti c’è poi un sollevatore per consentire una maggiore altezza da terra nelle manovre di parcheggio, mentre l’assetto adattivo basato su un sistema di controllo continuo dello smorzamento degli ammortizzatori concilia comfort, handling e tenuta grazie a quattro sensori di cassa, due sensori verticali di ruota, un sensore velocità veicolo e uno switch freno. Altro?
FRENI
Brembo, neanche a dirlo, vede e provvede. Con dischi in materiale carbo-ceramico (CCM), come F1 da anni insegna, che diminuiscono il peso rispetto una soluzione convenzionale di 12,5 chilogrammi, oltre a ottimizzare prontezza di frenata, spazi di arresto e resistenza al fading. Davanti i cilindretti delle pinze sono sei, dietro quattro.