Una fugace apparizione negli Anni '80 e poi più nulla per lunghi anni. Ora l'indiana Mahindra cerca di nuovo fortuna in Italia con un'articolata gamma di fuoristrada e pick up che puntano molto sulla sostanza e che vengono offerti a prezzi da hard discount.
Debuttante… o quasi Una meteora: non vi è altra definizione per descrivere la prima avventura italiana della Mahindra negli Anni ’80, una cosa tanto rapida da non lasciare traccia neanche nella memoria dell’importatore. La Casa indiana ribussa così alle frontiere italiane dichiarando di entrare per la prima volta, neanche fosse un’extracomunitaria con debiti verso la giustizia... Quelle poche macchine non saranno state un granché ma non meritavano nemmeno di finire così nel dimenticatoio…Amen, lasciamo la storia al passato e veniamo alla notizia di questi giorni: è in arrivo un bastimento carico di Mahindra nuove di sberla.
Colosso Anche se dalle nostre parti il nome dice poco, la Mahindra&Mahindra (che per praticità chiameremo amichevolmente Mahindra e basta) è una serissima realtà industriale indiana che costruisce auto e mezzi agricoli da quasi sessant’anni e che ha appuntate sul petto a mo’ di medaglia tutte le certificazioni di qualità possibili e immaginabili. Nei suoi stabilimenti lavorano 12.000 persone e a piazzare i prodotti sul mercato interno provvede uno sciame di centinaia e centinaia di concessionarie. Oltre che in Asia, il marchio è presente anche in Africa, America Latina e in Europa. Mica bruscolini, insomma. Per l’Italia, la Gruppo Emme srl (dove Emme sta per Martorelli, che come importatore di marchi minori vanta una lunga militanza) intende proporre una gamma molto articolata. Ecco cosa la compone oggi e quali sono invece le evoluzioni attese nel più prossimo futuro.
Bolero Si tratta di una fuoristrada “vecchia maniera”, venduta con tre diverse carrozzerie: chiusa a cinque porte (siglata GLX e omologabile per ora solo come autocarro a cinque posti), pick up a doppia cabina e pick up a cabina singola. In tutti e tre i casi l’estetica della Bolero è lineare e pulita, con qualche richiamo a Mercedes (classe G) e lievi contaminazioni Jeep e… Lego, causa l’abbondanza di spigoli vivi e l’aspetto un po’ plasticoso di alcuni particolari, fascione paracolpi e copriruota in testa.
BALESTRE Ha comunque un’aria simpatica, che richiama sin dal primo sguardo giungle fangose, piste desertiche e l’epoca in cui i viaggi erano una sana avventura.Che quella fuoristradistica sia la vera vocazione della Bolero lo ribadisce quel che c’è sotto la scocca: un robusto telaio a longheroni e una coppia di ponti rigidi supportati da balestre, che dovrebbero assicurarle prestazioni al limite ben superiori a quelle di tante Suv alla moda.
LEONE INDIANO Il vero fiore all’occhiello della Bolero è comunque costituito dal motore: a spingerla è infatti un modernissimo duemila turbodiesel common rail di chiara provenienza Peugeot, con ancora il leone rampante in bella vista, in versione da 87 cv (64 kW). Per la GLX la trazione è posteriore con integrale inseribile manualmente e riduttore, mentre per i due pick up vi è la possibilità di avere oltre a questo schema anche la sola trazione posteriore.
ANTIFUMO In rapporto agli ingombri esterni tutto sommato limitati (431,1 cm x 177 x 188,5), l’abitacolo della GLX è piuttosto spazioso. Spartana ed essenziale, al suo interno a colpire sono soprattutto alcune soluzioni bizzarre. Qualche esempio? Il pulsante più grosso che c’è sulla plancia è quello del retronebbia, di dimensioni quasi da quizzone televisivo. Quello dell’hazard è invece piccolo, sul piantone dello sterzo, sulla destra del quale vi sono devioluci e frecce, mentre i tergicristalli sono a sinistra. Il portacenere dà il suo contributo alla lotta al fumo, decentrato davanti al passeggero, in posizione irraggiungibile dal pilota. Peccato che da quelle parti sia finita pure la leva che innesta la trazione integrale…
BASIC Stendendo un velo pietoso sui tessuti e sulle cornici in finta radica delle bocchette dell’aria e del quadro strumenti, non si può invece non sottolineare la colpevole assenza nella dotazione degli airbag e dell’abs, non ottenibili neppure a richiesta, come invece è il climatizzatore. Stravaganze e lacune passano comunque in secondo piano davanti ai prezzi che si annunciano stracciati: dai 15.600 ai 18.000 euro iva inclusa. Da farci un pensierino…
Goa Non ci sono indiscrezioni circa il costo dell’ultima proposta che debutterà a primavera, la Goa. Già venduta col nome Scorpio sul mercato indiano, dove è stata proclamata migliore auto del 2003, questa vettura segna di fatto il debutto della Mahindra nell’agguerrito settore delle Suvcompatte (le dimensioni sono di 432,5 cm x 175 x 191,6).
SUV Nella carrozzeria si coglie una certa impronta di famiglia, ma con spigoli ed eccessi smussati: la Goa veste ancora una taglia in più rispetto alle più snelle e acclamate rivali, senza però sfigurare al loro cospetto. L’abitacolo è privo di grande personalità ma assolutamente gradevole e funzionale anche a livello di plancia e comandi, con dotazioni non proprio da marajà ma neppure da paria.
RENAULT Anche sotto il profilo tecnico il quadro è di tutto rispetto e non solo per la comparsa all’avantreno di moderne sospensioni a ruote indipendenti. La Goa adotta infatti motori francesi di ultima generazione, questa volta di provenienza Renault. Due sono le unità destinate al mercato italiano: la punta di diamante della gamma è un due litri turbodiesel common rail da 110 cv (81 kW) affiancato da un propulsore a benzina di pari cilindrata. Per entrambe è prevista la possibilità di scegliere tra le due e le quattro ruote motrici a inserimento automatico.
Thar Due fari tondi e cromati divisi dalle tipiche sette feritoie e il cofano motore dai bordi arrotondati parlano chiaro: assomiglia così tanto a una Jeep… da esserlo davvero. La Thar è infatti un remake (su licenza) della classicissima e mitica CJ5, di cui ripropone le dimensioni contenute (392 cm x 175 x 193) e gli sbalzi minimi.
FACHIRI Altissima sui due assali rigidi a balestre, pare pronta a superare qualsiasi ostacolo e incarna dunque a meraviglia l’essenza del fuoristrada duro e puro, senza alcuna concessione alle mollezze dei mezzi delle ultime generazioni. Non tradisce questa filosofia neppure l’abitacolo a due posti secchi: gli arredi minimalisti chiariscono senza equivoci il fatto che i nastri asfaltati non sono l’habitat naturale della Thar e lasciano supporre che siano necessarie doti da fachiro per sopportare i trasferimenti più lunghi.
FRANCESISMI Anche in questo caso il motore è il turbodiesel Hdi del Gruppo PSA in configurazione da 84 cv (64 kW) abbinato a uno schema di trasmissione a trazione integrale inseribile con riduttore su tutte le marce. Per la commercializzazione della Thar è questione di settimane mentre per quanto riguarda il prezzo dovrebbe gravitare nell’orbita dei 16.000 euro, monetina più monetina meno. Cifra che dovrebbe assicurarle un certo seguito tra gli appassionati del genere.