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La settima generazione di Golf ha, come di consueto, la sua variante pepeta. La nuova GTI in allestimento Performance porta in dote 230 cv, il differenziale autobloccante idraulico e tutto l'heritage di 40 anni di storia GTI
SIGNORA, PARDON SIGNORINA Quarant’anni e non sentirli. In realtà non dovrei nemmeno dirlo visto che è di una signora che sto parlando, ma tant’è. Una signora dai tratti di una ragazzina, però, bella fresca in viso e con quel sottile filo di trucco rosso sulle labbra che da sempre la rende immediatamente riconoscibile. La Golf GTI è diventata grande ora, ma non mostra il minino segno di cedimento, anzi. E’ adulta perché nell’ultima versione la GTI rimane sì fedele al concetto primigenio di sportvità, ma lo adegua ai tempi. Questo vuol dire semplicità nell'andar forte. E’ sempre una combattente, sia chiaro, ma meno appuntita rispetto alla serie precedente. Del resto il mercato chiede questo e bisogna tenerne conto. Ma di come va su strada vi parlerò più avanti, visto che di carne al fuoco ce n’è tanta. Andiamo con ordine.
MI RITORNI IN MENTE Per ogni Golf GTI che si rispetti, i designer partono sempre da tre elementi cardine, il primo: l’inconfondibile filo rosso sulla griglia anteriore; il secondo: i sedili in stoffa tartan con trama scozzese e, per finire, la pallina da golf nera a fare da pomello per il cambio manuale,anche se quella che sto provando ha il DSG a doppia frizione. Poco male. Per il resto, la grande raffinatezza che ha avuto il sarto nel vestire la GTI continua a essere un riferimento per tutti, la pacchianeria proprio non le appartiene. Le uniche concessioni peccaminose sono rappresentate dalle pinze freno rosse, dallo spoiler in coda e dal diverso trattamento della parte bassa dei paraurti, stop. Anzi no, ci sono anche l’assetto ribassato di 1,5 cm e l’immancabile doppio terminale di scarico.
SPORTIVITA’ Q.B. Classe e sportività all’esterno come in abitacolo. I tocchi di colore, come ci hanno abituato i tedeschi di Volkswagen sono ridotti al minimo sindacale. Non rimane che concentrare lo sguardo sulla perfezione maniacale degli assemblaggi, sugli inserti lucidi in simil carbonio e, perché no, sulla moquette che riveste le tasche laterali degli sportelli per evitare che le chiavi che riporrete facciano baccano durante la guida. Tutto è al posto giusto, la funzionalità domina sul design e i pulsanti sono posizionati in modo intelligente proprio dove mi aspetto di trovarli. Un guizzo di originalità non avrebbe certo guastato ma sarebbe stato come chiedere alla Regina Elisabetta di salutare la folla festante indossando una maglietta Hard Rock.
PERFORMANCE: CHE COSA VUOL DIRE DI PRECISO? Non vi ho ancora detto che la GTI che sto provando è nell’allestimento Performance, visivamente indistinguibile dalla GTI standard. Ma allora: perché dovrei pagare di più? Per i 10 cv aggiuntivi? (da 220 a 230 cv). No, perché la differenza è davvero impercettibile. Per il fatto che i cerchi in lega da 18 pollici celino dischi freno dal diametro maggiorato (+26 mm davanti, + 10 mm dietro) e autoventilanti anche al posteriore? Forse, ma non basta. La verità è che la versione Performace sfrutta i benefici del differenziale con bloccaggio idraulico a controllo elettronico al posto dell’emulatore XDS+ che, ad onor del vero, il suo dovere lo fa più che onestamente.
QUANTO MI COSTI? E allora, dato che abbiamo introdotto l’argomento, facciamo due conti sui prezzi. Per portarsi a casa una GTI a tre porte e cambio manuale occorrono 32.050 euro, ma ne servono altri 850 per le 5 porte, 2.750 per la trasmissione DSG e se ci si fa prendere la mano con gli optional il conto viene sparato in orbita. E non ci vuole poi molto. Un esempio? I fari Bi-Xeno adattivi con lavafari e luci diurne a LED (1.656 euro). Non saranno fondamentali ma diciamolo francamente, senza non è la stessa cosa. Il Lane assist & Dynamic light assist? (704 euro). Il Mirror Pack? Altri 225 euro. A questo punto vuoi non mettere anche il navigatore satellitare? Per la versione top sono 1.740. E la ruota di scorta? 150 euro. Esempi più o meno realistici di optional a parte, uno ve lo consiglio vivamente. Parlo delle sospensioni a controllo elettronico DCC (1.013 euro), che lasciano la possibilità di scegliere, attraverso un tasto nella consolle, fra tarature più o meno morbide degli ammortizzatori. In modalità Comfort si passa sulle buche con una dolcezza che non è lontana da quella delle Golf con la metà dei cavalli mentre in Sport si può salutare con la manina il comfort, ma anche il rollio in curva.
NELL’INFERNO VERDE Dai dati riportati dalla Volkswagen stessa, sul circuito del Nürburgring, la GTI Performance pare abbia girato 8 secondi più veloce della stessa vettura con il differenziale autobloccante scollegato. Cifre importanti che non fanno altro che sottolineare la bontà del nuovo sistema, vera chicca della versione che sto provando. Numeri a parte però, l’erogazione della Performance è esattamente sovrapponibile a quella della GTI standard e non lo dico io, ma i numeri. Tanto per cominciare i 10 cavalli in più iniziano a farsi sentire solo dopo i 4.400 giri e come se non bastasse, la meccanica più raffinata della Performance ha portato un aggravio di peso di 31 kg. Ne deriva quindi un vantaggio davvero esiguo nello 0-100 (6,4 secondi invece di 6,5) e nella punta massima (250 km/h invece di 246).
SEMPRE IL PUNTO DI RIFERIMENTO Detto questo, la GTI figlia della settima generazione, che sia in allestimento Performance o “liscia”, rimane un’auto eccezionale da qualsiasi lato la si osservi. Ovviamente non mi riferisco alla parte estetica ma ai contenuti. L’assetto, per esempio, ha avuto un progresso evidente soprattutto al retrotreno, che ha perso quelle leggere “incertezze” nel copiare il fondo stradale che affliggevano la GTI 6. Ora la sensazione di viaggiare sui binari si fa più forte. L’auto scorre in curva con una compostezza esemplare. Gli pneumatici da 225 mm si aggrappano all’asfalto con una tenacia fuori dal comune e le curve si percorrono in un lampo. In tutto questo, lo sterzo con rapportatura variabile è la ciliegina sulla torta. Preciso come te lo aspetti su una Golf eppure dannatamente più rapido nei feedback. E questo grazie alla rapportatura variabile che, a parità di angolo, diminuisce il numero di giri del volante. Tradotto dal gergo tecnico, ciò significa che nel misto stretto si riesce a fare quasi tutto senza cambiare la posizione delle mani sul volante.
VAI DI TURBO Al duemila turbo da 230 cavalli gli si può rimproverare ben poco. E’ elastico, corposo, pronto ad esaudire ogni tuo desiderio. Il picco di potenza della vecchia GTI veniva raggiunto a 5.300 giri, mentre adesso arriva a 4.500, per restare costante fino a poco più di 6.000. La coppia massima, poi, c’è già tutta a 1.500 giri come un diesel spalmata fino a 4.400. Volendo tirargli il collo bisogna arrivare ad accarezzare i 7.000 giri prima di stemperare un allungo deciso e massiccio. Il tutto condito da un sound che fa sempre piacere ascoltare. Un sound che non è sguaiato e rispetta la compostezza dell’auto, ma sa toccare le corde giuste. A ritmi più blandi, il quattro cilindri è praticamente afono.
DSG MON AMOUR Tirare in ballo per l’ennesima volta le qualità del cambio DSG a doppia frizione è ormai superfluo. La continua evoluzione ha permesso di raggiungere un'efficacia d’esecuzione tale che non capisco proprio come si possa preferire la trasmissione manuale, se non per una pura questione di prezzi. Insomma, con l’ultima generazione di GTI è ancora più facile andare forte per davvero. Tutto è stato ottimizzato per rendere meno impegnativa la guida pur mantenendo elevati gli standard prestazionali. Forse sarà meno emozionante che in passato, ma purtroppo questo è una costante di quasi tutte le auto moderne.