Sto per provare una Golf. Accidenti, c'è da mettersi la giacca e la cravatta, da chiamare tutti gli amici. Non è mica una compatta qualsiasi, anche chi non ha i capelli bianchi ricorda la squadratissima cabrio o i filetti rossi delle GTI. Un pezzo di storia recente da comprare al concessionario, anziché dal collezionista.
Nera, tre porte, cerchi in lega. È solo una Comfortline ma sembra già soddisfare le voglie estetiche: giusto un velo di sportività, per farsi guardare senza esagerare. Semmai sono le forme troppo bombate, troppo generose che non la identificano a colpo sicuro. La coda rigonfia con fanaleria separata, il frontale dai fari triangolari ricordano molte auto ma non troppe Volkswagen.
Perfino la Touran, nonostante le fiancate dritte come palazzi di periferia, ha faccia più teutonica e gruppi ottici posteriori che non svirgolano di fianco. Forse la nuova Golf piace così, piace comunque, circondata dalla sua aurea mitica. Intanto, quando la apro col telecomando provvede da sola a circondarsi di luce, accendendo tutte le lampade esterne.
Una volta seduto all’interno – anzi caduto, il posto guida è basso – arriva l’impressione che non ti aspetti. La strumentazione in tonalità bluette con aghi rossi è l’unico tratto prevedibile, il resto è piacevolmente rinnovato, dalle bocchette al design complessivo. I golfisti percepiranno però l’abituale austerità, forse oggi un po’ più banale.
La qualità non manca ma non trabocca neppure: scorrendo le plastiche la sensazione è giusta per un’auto da 19.988 euro, nulla di più. Le ultime rivali tedesche (vedi Opel Astra) non fanno certo di peggio. E quanto a value-for-money la Corea è ancora molto, molto lontana.
Peccato per tanti piccoli particolari assenti: serratura vano portaoggetti, un vero check-control che informa se il portellone è aperto, portalattine – solo optional - blocco porte automatico in marcia. Ma non erano dettagli da utilitaria? Il mito della buona fattura crolla miseramente sulle feritoie ai lati della leva del cambio (ad aggrapparsi ci si potrebbe graffiare).
Colpisce invece la silenziosità. La Golf è proprio ovattata, quando tira fuori la voce lo fa in modo non aggressivo, forse perché nel cofano c’è un motore ad iniezione diretta. Non viene voglia di premere sul gas, i 116 CV se ne stanno tranquilli al pascolo; difficile superare anche smanettando i 3500 giri. Un po’ inverosimili i 10,6 secondi assicurati dalla Casa per scattare a 100 km/h, ma in compenso il comfort è più che soddisfacente e l’assorbimento ottimo. Neanche la suocera si lamenterà delle buche.
La grossa tre porte (4,20 metri di fiancate) si guida come una city-car: volante sottile e leggero da Lupo, frizione come una piuma, manovre easy. Almeno finché non si innesta la rétro, perché la Golf non si protegge la coda coi sensori di parcheggio, e poi la visibilità dal piccolo lunotto è per i nostalgici del Maggiolino. Quello vero, col vetrino ovoidale…
Sperimentata l’agilità cittadina e le strade post-lavori in corso, resta il comportamento in curva. Sul mobiletto centrale c’è lo stuzzicante tastino ESP- OFF, ma preferisco immedesimarmi nella casalinga di Wolfsburg e non premerlo. Su un tornante preso senza troppa enfasi, e con colpetto di freno preventivo, la Golf esce pulita e precisa come un tecnigrafo, trasmettendo anche una bella sensazione di morbidezza.
Ma volendo si può smettere di fare i bravi ragazzi. Utilizzo il pulsante, lascio che si accenda l’inquietante spia del disinserimento con l’auto che sbanda. Le reazioni sono comunque prevedibili e il pilota più esperto riuscirà a tenere tutto sotto controllo. Io preferisco invece riattivare l'ESP.
Il cambio è un po’ secco, ma abbastanza preciso e soprattutto ben rapportato. Sei marce – finalmente all’altezza di nome e prezzo – ravvicinate, da innestare una dietro l’altra scegliendo fra la guida “riprendo senza scalare” oppure “adesso si smanetta”.
Sul retrovisore occhieggia fastidiosamente la luce della freccia. Mi guardo nello specchio, è arrivato il momento di chiedersi se questa Golf va bene. Certo che sì. Ma resta da chiedersi se abbia davvero qualcosa in più. Se riuscirà a diventare un instant-classic come la progenitrice.