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La Volkswagen CC perde per strada il nome Passat ma non la sua indole di coupé comoda e versatile. La cura costruttiva è ottima, mentre la visibilità posteriore è scarsa.
ARIA DI FAMIGLIA Make-up leggero leggero, più chip a favore della sicurezza e nuove mire espansionistiche: la Volkswagen CC o Comfort Coupé che dir si voglia perde volutamente il nome Passat e comincia a tirarsela un po'. Sì, perché già dal frontale, che richiama il recente family feeling Volkswagen introdotto dal capo supremo del design, Walter de Silva, s'intuisce che lei, la Volkswagen CC, vuol andare a conquistarsi consensi anche là dove viaggiano le Phaeton. Calandra cromatissima, cofano ridisegnato, marchio affetto da gigantismo, due piccoli “baffi” satinati (o mazze da hockey, come le chiamano in VW) ad incorniciare i fendinebbia e luci posteriori a LED: le novità estetiche finiscono qui. Lo sguardo è forse un po' banale e rigoroso rispetto alle rotondità del terzo volume ma l'insieme, all'atto pratico, riesce a catturare più di qualche occhiata per strada.
ANALOGIE Nessuno stravolgimento nemmeno per gl'interni della Volkswagen CC, modificati col bilancino. Le plastiche morbide e pregiate, assemblate con teutonica precisione, non sono affatto una novità: ecco perché i progettisti di Wolfsburghanno – un po' sciaguratamente – pensato di aggiungere un tocco di... “originalità”, piazzando a centro plancia un orologino analogico che vorrebbe fare molto lusso ma, in realtà, è un filo cheap. La consolle centrale brilla di luce propria, con scintillante alluminio a profusione e comandi del clima “userfriendly”.
QUINTO INCOMODO Le dimensioni esterne invariate rispetto al modello precedente (4,80x1,82x1,42) restituiscono agli occupanti della Volkswagen CC un ambiente comodo e rilassante dove stare: i sedili anteriori sono più contenitivi e il terzo posto centrale sul divano fa parte della dotazione di serie. Peccato però che gli spilungoni, nell'accomodarsi dietro, possono facilmente sbattere la nuca sul padiglione, spudoratamente rastremato come quello di una coupé. Oltretutto, una volta all'interno, non faranno fatica a scoprire che in tre si sta strettini: anche se la ginocchia godono di una certa libertà di movimento, testa e spalle chiedono a gran voce più spazio.
PERCHÉ CAMBIARE? A spingere troviamo gli stessi motori della serie precedente, con qualche aggiornamento in chiave “eco”. Tutti i turbodiesel TDI dellaVolkswagen CCsono tra l'altro dotati di sistema Start&Stop e recupero dell'energia in frenata. Piatto forte della gamma è il 2 litri BlueTDI da 140 CV, abbinato – sigh! – solo al cambio manuale, già in regola con le normative antinquinamento Euro 6 grazie allo speciale additivo all'urea AdBlue che “addolcisce” le emissioni. L'immarcescibile DSG è invece di serie sul 2.0 TDI BlueMotion da 170 CV (5,5 l/100 km), mentre si può avere come optional sul fratellino da 140 CV (4,7 l/100 km) a 2.450 euro in più.
BENZINA DA VALUTARE I drogati di nettare ottanico o, più semplicemente, tutti coloro che percorrono pochissimi km, possono puntare le loro attenzioni sul 1.8 TSI da 160 CV, capace di 7,1 litri/100 km e di prestazioni non proprio da “cumenda” (0-100 in 8,5 secondi, 223 km/h di punta). Giusto per far due conti: scegliendolo,rispetto al 2.0 TDI BlueMotion da 140 CV si risparmiano ben 2.800 euro a listino, che salgono fino a 4.750 nel caso del TDI più potente. Fuori da ogni logica – anche in considerazione del DNA della CC – il 3,6 litri aspirato ad iniezione diretta da 300 CV abbinato alla trazione integrale 4Motion, in concessionaria a giugno, costoso da mantenere e afflitto pure da una certa mancanza di carattere.
ANGELI CUSTODI E DÉJÀ VU Si comincia con il Fatigue Detection, offerto di serie: grazie ad una serie di sensori, i chip capiscono se vi sentite stanchi di guidare e consigliano di fare una pausa, con una tazzina di caffè che compare sul display. Nulla di nuovo – c'era già arrivata Mercedes qualche anno fa – ma apprezzabile la scelta di offrirlo senza sovrapprezzo. Cosa che non si può dire del Lane Assist e del Side Assist Plus, (anche) in pacchetto a 1.037 euro: il primo, qualora doveste uscire dalla vostra corsia senza mettere la freccia, interviene girando lievemente lo sterzo dalla parte opposta, aiutandovi a riprendere la traiettoria corretta. Il secondo si occupa di individuare, in fase di sorpasso, eventuali vetture presenti nell'angolo morto dello specchio retrovisore: se doveste continuare la manovra, è lesto a riportarvi sulla retta via agendo sempre sullo sterzo. Infine non mancano il riconoscimento della segnaletica stradale, ripreso pari pari dalla Phaeton e la gestione automatica degli abbaglianti (Light Assist).
UN PO' DI PASSAT L'elenco tecnologico non è terminato, perché sulla CC debutta il Park Assist II (356 euro): capace di operare in spazi più stretti, questo gingillo è in grado di parcheggiare la berlina tedesca nei posteggi paralleli alla strada come in quelli a spina di pesce. Voi non dovrete far altro che seguire le indicazioni del sistema e agire sul gas, al resto penserà lui. Dalla più pragmatica Passat, invece, è stato ripreso l'Easy Open, fornito in combinazione con il Keyless System (640 euro): basta avvicinare il piede al paraurti posteriore per far sì che il vano bagagli si apra automaticamente. A proposito: se la capienza rimane invariata (532 litri), gli schienali, divisi in percentuale 60/40, si possono ora abbattere tramite comode leve poste sotto la cappelliera.
SEMPLICEMENTE UNO Si tratta dell'unico allestimento disponibile, per non far confusione e facilitarvi la vita. Tanto più se si considera che la dotazione di base può accontentare: sei airbag, controllo di stabilità (con stabilizzazione del rimorchio), cerchi in lega da 17” con pneumatici capaci di sigillare da soli le microforature, fari bi-xeno, clima automatico bizona, radio con lettore cd/mp3 e presa Aux, fendinebbia, indicatore pressione pneumatici, sensori di parcheggio anteriori e posteriori... Rimangono come optional, purtroppo, quasi tutti i nuovi sistemi elettronici di assistenza alla guida, a eccezione del Fatigue Detection. I prezzi, in rapporto ai contenuti offerti e alle rivali papabili, non sono poi troppo esosi: per avere una2.0 TDI BlueMotion da 140 CV con il cambio DSG si spendono 36.650 euro, che scendono a 34.200 se v'accontentate del manuale a 6 marce. Il 170 CV? Fanno altri 2.050 euro, please.
AL MILLIMETRO Tecnicamente francobollata alla sorella Passat, la Volkswagen CC va alla ricerca di nuovi orizzonti di mercato. Il nome sarà anche cambiato ma il carattere mette sempre sicurezza e solidità al primo posto per farsi largo in un segmento esigente quanto risicato nei numeri, soprattutto nel nostro Paese. Cominciamo dalle piacevoli riconferme: il duo volante-sedile è regolabile talmente al millimetro che risulta matematicamente impossibile stare scomodi. I più tecnici accoglieranno inoltre con piacere la bassa posizione del sedile, comunque regolabile in altezza, che consente di sentirsi bene “dentro” all'auto. Per contro, tutto ciò non fa che peggiorare la visibilità posteriore, vero anello debole della CC. Complice il lunotto piccolo e il già citato taglio spiovente del padiglione tenere sotto controllo il traffico dietro di sé è piuttosto difficile e, spesso, si è costretti ad immaginare, specie nella visuale di tre quarti.
CURVE DOLCI Ciò detto, bastano poche curve per capire che questa Comfort Coupé non è pensata per divertire sul misto. Certo la Volkswagen CC è precisa, segue piuttosto bene le traiettorie – soprattutto con la regolazione dinamica dell'assetto, optional a 957 euro e di serie sulla TDI da 170 CV – e il sottosterzo compare solo guidando da scriteriati. Tuttavia, le sensazioni che si ricavano dallo sterzo, pur preciso e progressivo, non rendono limpidamente l'idea di quale sia il grado di grip delle ruote anteriori sull'asfalto. E la massa, nello stretto, si sente tutta.
PUNTA SUL COMFORT Meglio, quindi, prendersela con tranquillità, magari chiacchierando amabilmente con i vostri compagni di viaggio. Così, potrete accorgervi meglio del grande lavoro svolto sull'insonorizzazione, che ha riguardato vano motore, parabrezza (ora con inserto fonoassorbente) e cristalli laterali, di ben 6 mm di spessore. Il risultato? Notevole: la caratteristica rombosità del TDI è un ricordo e di fruscii aerodinamici, almeno sulle strade costiere intorno a Nizza, teatro del test-drive, non ce n'è stata traccia. Notevole anche l'assorbimento sospensivo: il timbro è sordo e l'impatto generalmente ovattato. Solo gli ostacoli più secchi creano qualche grattacapo, principalmente a causa della spalla bassa degli pneumatici (“barra” 40) calzati dall'esemplare provato.
TDI CAPUT MUNDI Abbiamo guidato entrambi i TDI BlueMotion e, in tutta franchezza, il 140 CV basta ed avanza per il traffico odierno. Spinge bene fin dai 1.500 giri e, specie con il DSG a sette rapporti, forma un'accoppiata quasi imbattibile per comfort, efficienza e prestazioni. Allunga discretamente fino ai 4.000 ma già dai 3.500 la spinta cala sensibilmente. Avete casa in montagna? Prendete in considerazione il più potente, che da giugno sarà l'unico disponibile con trazione integrale 4Motion. C'è di più perché il TDI da 170 CV (con il 3.6 V6) è dotato del differenziale elettronico XDS che, agendo sui freni, pinza la ruota interna in uscita di curva per evitare fastidiosi pattinamenti. Utile, ma assolutamente non fondamentale.