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Nella Tata Aria c'è tanto spazio, non solo per sette piccoli indiani. Ma il prezzo non è propriamente low-cost e la concorrenza di avversarie europee si fa sentire...
ANTI-NANO Comincia tutto con una battuta: «Ti va di andare a prendere Aria?». E a realizzare che non si tratta di un gentile invito a togliermi dalle scatole, ci metto un po’. Per l’evidente doppio senso, in primis, ma anche perché la Tata Aria, monovolume 4x4 di quasi cinque metri, 2,8 tonnellate di peso e con sette posti, è sbarcata in Italia in sordina. Mentre tutti aspettano ancora la Nano, emblema dell’auto popolare, promessa al prezzo di un tozzo di pane, è arrivata invece quella che in India è considerata un’auto da ricchi. Ma che qui rappresenta al massimo un’alternativa esotica alle solite note del suo segmento.
X2 O X4 Un’alternativa non esattamente low-cost, malgrado sia una Tata. La Tata Aria, infatti, attacca a 21.500 (4x2 a trazione posteriore) euro, ma l’esemplare che ho in prova, la versione Pride 4x4 con allestimento full optional, sfiora i 28.000. E proprio sul prezzo s’incagliano le conversazioni con chi si avvicina incuriosito all’oggetto, che esteticamente non dispiace. La carrozzeria della Aria ha un taglio leggermente sfuggente, da crossover, capace di dissimularne le dimensioni, e una cura nel vestire che non è da tutti (ogni pezzo è verniciato e non mancano, qua e là, cromature tattiche). Fortemente caratterizzante, ma non sempre pratica, la sua altezza da terra fuoristradistica.
INTERNI Se si parla degli interni il discorso cambia, però: la Tata Aria non tiene ancora il passo europeo. Le plastiche sono per lo più dure, e di componenti accoppiate non a filo ce n’è più d’una. Sull’esemplare in prova, poi, è bastato inserire nel tascone posteriore del sedile una bottiglietta d’acqua per vedere questo sfilarsi dalla guida che lo assembla al rivestimento. Magari è stata solo questione di sfortuna.
PRENDI ARIA Volume di carico e abitabilità, invece, non tradiscono: se l’hanno chiamata Aria ci sarà un perché. Si sta da pascià in prima e seconda fila, la terza come sempre risulta un po’ sacrificata se a sedersi non sono dei ragazzini. Il bagagliaio è di circa 450 litri in configurazione a cinque posti. Per stivare gli oggetti più piccoli, poi, oltre alle solite tasche e ai vani della plancia, Tata ha intelligentemente sfruttato il cielo dell’Aria, installandovi al centro una serie di cassettini comodamente apribili dove infilare occhiali, portafogli, cellulari, ecc.
MOLLACCIONA Malgrado tutto ciò l’Aria non si può definire esattamente un’auto pratica da gestire. A partire dal saliscendi, in cui l’altezza da terra e le portiere un po’ pesanti non aiutano i meno ginnici, passando poi per la guida, in cui bisogna sempre tener conto della sua mole, che è di 2.305 chili nella versione 4x4. E malgrado il telaio a longheroni e le sospensioni – a quadrilateri davanti e a ponte rigido dietro – facciano più che onestamente il loro dovere nel mantenerla composta e in piena sicurezza, nel misto più tortuoso a volte occorre tenere a bada il posteriore. In questo lo sterzo non si rivela granché come alleato, giacché difetta in precisione e prontezza di reazione; per diventare addirittura macchinoso quando si tratta di far manovra negli spazi stretti, in cui la telecamera di retromarcia – di serie sulla Aria Pride- si rivela una preziosa alleata contro le sviste.
32 BIT Di serie la Tata Aria Pride, oltre a una lunga serie di gadget che azzerano la lista degli optional, ha anche il navigatore, sebbene munito di un software non esattamente all’ultimo grido (più volte mi sono chiesto se da un momento all’altro non sarebbe apparso Pack-man ad indicarmi la strada). Sulla carta, dunque, dal punto di vista del confort non le manca nulla, anzi la dotazione è persino più ricca di certe concorrenti più blasonate. A penalizzarla leggermente sono piuttosto le sospensioni un po’ troppo morbide e una rumorosità che a velocità autostradali diventa un po’ fastidiosa.
MANCA LA SESTA Le velocità autostradali sono un po’ anche il cruccio del motore della Tata Aria, un 2.2 I Dicor turbodiesel da 150 cavalli che una volta varcato il casello, e ingranata la quinta, inizia a farsi sentire prepotentemente nell’abitacolo; un po’ anche manifestando la propria sofferenza per la mancanza di una sesta marcia, che ne calmerebbe la voce e i consumi. In autostrada, a velocità di codice, siamo sugli 11 chilometri al litro (senza il 4x4, ovviamente), mentre nel misto va leggermente meglio: 12,5 km/l. Dovendo muovere una massa consistente, i suoi 150 cavalli non li sentirete mai in tutta la loro potenza, il che scoraggia la guida sportiva. La spinta fin dai bassi regimi tuttavia non manca, grazie 320 Nm di coppia massima disponibili tra i 1.500 ed i 3.000 giri/min; così, malgrado l’assenza del cambio automatico (anche in opzione), in città riesce comunque a stare al passo.
A CONTI FATTI Finita la prova mi ritrovo al punto di partenza, in tutti i sensi. Non solo perché devo riconsegnare l’auto alla concessionaria ma anche perché, inevitabilmente, mi ritrovo a fare un bilancio partendo dal prezzo. 28.000 euro (sfumabili con gli sconti) non sono un’enormità per una sette-posti full optional e 4x4, è vero. Ma è anche vero che a quella cifra ci si può orientare su altri lidi, trovando più cura degli interni e un piacere di guida superiore. Magari rinunciando al 4x4, che è tanto di moda ma che, nella maggior parte dei casi, per il cliente-tipo di una monovolume non risulta indispensabile. Se la mission è risparmiare a tutti i costi, meglio allora buttarsi sulla versione più economica. Che però così economica non è se il low-cost vero (leggi Dacia Lodgy) si assesta a cifre ben più basse. Ma se volete fare gli alternativi a tutti i costi e cercate Aria nuova…