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Prova Speciale

Mitsubishi Pajero T2 e L200 T1 RalliArt


Avatar Redazionale, il 29/12/12

11 anni fa - A loro piace il gioco sporco

Dopo tante prove fatte sulla retta via, il 2012 si chiude nel fango, con il test di due offroad da corsa: le Mitsubishi Pajero T2 e L200 T1 RalliArt. La prima è pure fresca di vittoria nel Mondiale...

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CI RISIAMO Evidentemente devo averci preso gusto. Abbandonato l'asfalto per inseguire sogni terraioli, ancora una volta indosso (a fatica) tuta e casco per cingere tra le mani il volante di un fuoristrada da corsa. E siccome i latini, che a loro modo la sapevano lunga, dicevano “Melius abundare quam deficere” (“È meglio abbondare che scarseggiare”), ho deciso di seguire alla lettera i loro consigli. E poi non costa nulla, quindi se posso provarne due invece che uno tanto meglio sia per il mio ego smisurato sia per completezza d'informazione. Questa volta niente travestimenti britannici, piuttosto garanzie da Sol Levante, perché non di Mini si tratta, ma bensì di Mitsubishi. E se al tempo degli inglesi (tedeschi) fu una cava a sancire il mio esordio tra la polvere, ora è la montagna dura e cruda a certificare che ho ancora molto da imparare.

DALLA GERMANIA ALLA TOSCANA Si dice che il nostro sia il Paese tra i più belli del mondo ma forse non si dice abbastanza di quanto siamo bravi in “certe” competizioni automobilistiche. Il rigore teutonico è nulla difronte alla passione nostrana. Soprattutto quando si trova in Toscana, in quel di Massarosa, dove ha sede il R Team. La prima lettera cela il nome del titolare-fondatoreRenato Rickler, che ha speso una vita tra i motori, sia in veste di pilota che di preparatore. Nell'anno 2002 l'ufficialità di un costruttore come Mitsubishi che sigla una partnership con il R TEAM, a cui affida la gestione di tutto il settore sportivo fuoristrada sotto il marchio di RalliArtOffRoadItaly. Il resto dell'avventura è siglato da una serie di vittorie e successi, culminati con il titolo di Campione del Mondo T2 2012 con il Pajero T2 RalliArt nella FIA World Cup Cross Country Rallies realizzato dal pilota brasiliano Reinaldo Varela

UNA TIPA TOSTA Rendere complicato ciò che dovrebbe essere semplice è una caratteristica dominante tra chi siede ai vertici della FIA. Se poi l'argomento è di carattere tecnico, diventa quasi una costante, sebbene quando si parli di fuoristrada la situazione parrebbe a tratti migliore che in altri ambiti. La sigla T2 non svela nulla di occulto, piuttosto rivela che il tipo di preparazione è fortemente limitato. Si tratta di una macchina praticamente di serie, in cui l'estro da ingegneri si limita alla messa a punto, tesa a una prestazione in cui è l'affidabilità a farla da padrona. Affidabilità garantita dalla solidità della Mitsubishi Pajero 3.2 DI-D.

L’APPARENZA INGANNA Una chiave di lettura completamente differente quando dopo la T compare il numero 1. Qui siamo nel campo dei prototipi e se l'affidabilità persiste, chi vive di tecnica può dare libero sfogo alle sue perversioni. Proprio come la MINI ALL4 Racing provata a suo tempo, il secondo mezzo in prova sembra ciò che non è. Il travestimento da Mitsubishi L200 prevede una scocca quasi interamente in vetroresina e nasconde un telaio di tipo tubolare. Tanto che la meccanica si definisce tale sotto il segno dei 3.800 centimetri cubi di un motore benzina V6, naturalmente di origine Mitsubishi.

PRIMA IL T2...Il Pajero si conferma mitico anche in versione da corsa. Una variante, quella offerta dalla preparazione in T2, che non è poi così lontana dal modello che trovate in concessionaria. Ovvio che le specifiche tra la vettura immagine per le strade di Cortina e quella che plana sui dossi della Dakar siano “leggermente” differenti. Ma se da un lato tutto il comparto trasmissione è rimasto quello di serie e solo la frizione è stata sostituita da un elemento in rame, dall'altro le modifiche più importanti sono state rivolte alle sospensioni. Lo schema è quello originale così come gli attacchi, mentre il compito di copiare il fondo sterrato è garantito dai doppi ammortizzatori (sia anteriori che posteriori) della Oram. E se l'impianto frenante sfrutta l'esperienza di nuove pastiglie, il motore vanta una nuova gestione elettronica e un nuovo radiatore realizzato completamente in alluminio. Dati alla mano, i cavalli che l'inossidabile 3.2 DI-D turbodiesel è in grado di erogare sono 215, mentre la coppia è pari a 539 Nm 

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...E POI IL T1 Qui non conta quello che c'è sopra, ma quello che c'è sotto. Non lasciatevi trarre in inganno dall'inconfutabile somiglianza con il pick-up L200. Il cassone non serve per gli attrezzi da lavoro, piuttosto per le ruote di scorta, e una volta aperta la portiera comincia un intreccio di tubi che tende all'infinito. Se prima era la sostanza ora è la scienza a caratterizzare le regole del gioco. E se di serie era la parola chiave, ora l'imperativo è unico. Così, dopo i tubi della gabbia dei piloti, il cambio diventa sequenziale Sadev e i differenziali Xtrac. Il motore non è da meno e dietro le sembianze del V6 3.8 Mitsubishi, si manifesta tutto il potenziale delle modifiche del R Team, che mettono sul piatto 245 cv di potenza massima e oltre 400 Nm di coppia motrice. Ne consegue che tutto il resto sia in funzione della performance: impianto frenante della Brembo con pinze a quattro pompanti e dischi da 320 mm, e sospensioni a doppio braccio oscillante con doppio ammortizzatore realizzato sempre dalla Oram

AL LIMITE DEL PIACERE Prima o poi mi toccherà pure il deserto, spero. Al momento il mio ridicolo curriculum fuoristradistico può annoverare una cava in Germania e finalmente un vero percorso sterrato. A discapito di quanto i Maya avessero predetto, ci sono stati dei momenti in cui ho pensato che il mondo (almeno il mio) finisse sul serio. Ho voluto la bicicletta e adesso devo pedalare, ma passare da una cava per certi aspetti “fashion victim” ad una montagna vera, è come fare un salto nel vuoto. Vuoto, che ho letteralmente sfiorato in diversi istanti della prova; effettuata nella splendida cornice della tenuta “Il Ciocco” in Toscana, nella zona della Garfagnana. E poi sarà stata la necessità di espiare qualche colpa sconosciuta ma sta di fatto che la pioggia incessante e il fango copioso abbiano certificato che il test sia stato serissimo.    

AVANTI UN SALTO Prima di mettermi al volante nel tentativo di emulare i rallisti veri, ho avuto il piacere di sedere a fianco di chi il piede lo tiene giù davvero. Una sorta di gita in T2, sufficiente a capire che il limite si può sempre trascendere, ma nulla è in confronto al controllo. Anche perché il lembo di strada riservato al test, in alcuni tratti conteneva a malapena il generoso Pajero. E poi sarà stata la mancanza di abitudine, ma a ogni buco, ogni solco e dosso affrontato ad alta velocità, ero certo che almeno una ruota ci avrebbe abbandonato. Nulla di tutto ciò, solo ignoranza del sottoscritto, vittima di rimembranze asfaltiste. Certo è che il numero di colpi che subisce chi si trova in abitacolo non è chiaro se sia pro o contro i problemi di cervicale. Sta di fatto che il divertimento è tale che fintanto che non scendi, non ti accorgi di nulla.  

PRIMA IL T2...Prima il piacere e poi il dovere, ma adesso è arrivato il mio momento. Non tanto per celebrare capacità di guida sconosciute, quanto per provare a capire come si fa ad andare così forte su una strada impraticabile. L'ingresso in abitacolo è più agevole del previsto, solo la posizione di guida non assiste il movimento. Il turbodiesel prende subito giri e non serve puntare alla zona rossa, perché una spia informa puntuale circa il momento di cambiare. La pedaliera sportiva deve fare i conti con le mie zattere, quindi più di una volta mi ritrovo a innescare un punta tacco indesiderato. Ma per il resto, la confidenza offerta dal Pajero è più unica che rara, derivata dal fatto che si tratta di una vettura di serie. La regola base è tenere giù, non per sentirsi fenomeni, quanto per far lavorare al meglio il comparto trasmissione-sospensioni-pneumatici. Solo così si riesce a mordere il fango, superare i dossi e provare l'ebrezza del fuoristrada vero. Non metto più della quarta - ci sarebbe anche una quinta, ma è per quelli bravi – e capisco sin da subito di come sia fondamentale guardare dove (e come) si mettono le ruote.

...E POI IL T1 Sceso agilmente dal Pajero, è la volta del L200. Qui devo fare i conti con le difficoltà che il roll bar riserva alle persone della mia stazza. Ci vuole “sacrificio” per far entrare il mio corpo dentro l’abitacolo. Prima l'ambiente era familiare, identico a quello che offre il modello di serie. Ora siamo decisamente più hi-tech, ma soprattutto racing. Qui c'è quello che serve e l'aria che si respira alimenta i miei sogni di gloria. Se la pedaliera del T2 mi sembrava ravvicinata, questa mi pare un pedale unico. Il V6 3.8 pronto corsa stacca “aggressivo”, così che spengo la vettura più volte. Per far entrare al meglio i rapporti del cambio sequenziale a sei marce bisogna stare “in alto”. Il T1 non dà confidenza, perché lo devi conquistare. Il lavoro dei differenziali è ineccepibile, ma solo se cominci ad andare forte, altrimenti la gestione della dinamica di guida diventa alquanto complicata. Questa è una vera auto da corsa e come tale deve essere guidata da un vero pilota da corsa. Chissà, la prossima volta farò più bella figura…


Pubblicato da Cesare Cappa, 29/12/2012
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