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Prova su strada

Hyundai XG30


Avatar Redazionale, il 10/12/01

23 anni fa -

Avete voglia di non rinunciare proprio a nulla e di farvi straviziare dalla vostra auto, se possibile senza l'obbligo di stipulare un mutuo trentennale? Una soluzione è la nuova Hyundai XG30, ammiraglia in tutto e per tutto. Tanto (forse troppo) presidenziale, ma anche incommensurabilmente comoda ed elegante.

COM’È Per questa volta la tiritera sul riscatto delle coreane, prima brutti anatroccoli e ora splendidi cigni, ve la risparmiamo. Certo è che non è da tutti i giorni l’avere a che fare con una berlina Hyundai lunga quasi cinque metri. Non che la cosa faccia dispiacere, anzi. La XG30 è una di quelle auto di cui il pubblico, quello italiano in particolare, non si innamora a prima vista. Forse solo perché sulla calandra non porta un glorioso marchio europeo (curiosamente, la nuova Hyundai non reca alcuno stemma sulla parte anteriore, e nemmeno il disegno della mascherina e dei gruppi ottici è riconducibile al fenotipo coreano), o più probabilmente perché non fa sfoggio di un design ricercato come le rivali del Vecchio Continente.

ANNI OTTANTA

In ogni caso, alla XG non si può nemmeno attribuire la malizia di voler imitare una qualche berlina proveniente da Eurolandia. Semmai, lo stile un po’ pomposo (coi vetri scuri e le bandierine sarebbe perfetta…) richiama alla mente alcuni mastodonti americani del gruppo Chrysler o General Motors. Le linee della berlinona made in Corea sono sobrie e non sgradevoli, anche se mancano di personalità. Perché gli ingegneri di Seoul nella foga di perfezionare gli interni hanno un po’ trascurato la carrozzeria? Non è dato saperlo, ma la spiegazione, un po’ semplicistica, sembrerebbe calzare. Infatti, ad un design fin troppo lineare e un po’ eighty, che non sembrerebbe denunciare un eccessiva spremitura di cervelli al centro stile Hyundai, corrisponde un allestimento interno degno di un attico a Malibu.

TRATTATELA MALE

Ciò che più stupisce, e che fa della XG una vera anche se insospettabile rivale delle grandi berline tedesche, è la straordinaria cura per i materiali e i particolari. In effetti, tutto, dalla pelle chiara dei rivestimenti al sordo cloc di portiere e portellone che si chiudono, denunciano che la nostra Hyundai è tutt’altro che fatta con la cartapesta. Leve, bottoni, rotelle: non c’è niente di troppo piccolo o troppo fragile. Come le belle berline di una volta, la XG30 sembra davvero robusta e fatta per durare a lungo. Vista in questa prospettiva, anche la linea, di stampo così classico, ha i suoi bei perché: andava bene dieci anni fa e potrà andar bene tra altri dieci anni. La scommessa è se nel frattempo la grande sorella di Corea non sarà cascata a pezzi.

SENZA TRUCCO, SENZA INGANNO

Una delle prerogative della XG 30 è il fatto di non poterla arricchire con alcun accessorio. La nuova ammiraglia è proposta da "Mr. Hyundai" con già tutto di serie, e quando diciamo tutto, intendiamo davvero ogni sorta di amenità, compresi navigatore satellitare Blaupunkt con lettore CD audio, sedili in pelle, cruscotto con inserti in radica e cambio automatico sequenziale, nonché un’infinità di vani, più o meno nascosti, utili per riporre qualsiasi cosa.

FORTEZZA D’ACCIAIO

La nostra berlina non può però vantarsi di essere all’ultimo grido per quanto concerne la sicurezza: gli airbag sono quattro, niente male in senso assoluto, ma le grandi ammiraglie oggi ne contano almeno sei. Anche se, a voler essere romantici, la maggior sicurezza è trasmessa dalla XG per mezzo della sensazione che si prova a bordo: forse anche perché perfettamente isolati acusticamente, ci si sente in una rassicurante fortezza di acciaio e lamiera. Tuttavia ci sono delle pecche non consone al livello dell’auto, e in ogni caso non giustificabili. Ad esempio, l’abitacolo è illuminato alla perfezione nella parte posteriore, ma assai meno efficacemente in quella anteriore. Del tutto privo di lampadine, in particolare, è l’aletta parasole ad uso del passeggero. Inezie, obietterà qualcuno, ma senza valutare che la distinzione a volte si fonda proprio sulle piccolezze (e senza considerare quanto può essere querula una donna col trucco sfatto).

RIGIDA

Chi ha un po’ d’occhio sulle auto non potrà fare a meno di notare che la XG è priva dei montanti di lamiera sulle portiere, ossia i cristalli vanno ad incastrarsi direttamente nel telaio. È una soluzione poco usata sulle normali auto di serie, ma è la prova che la rigidità torsionale della XG è ad altissimi livelli. Per non avere dubbi, comunque, sarà sufficiente osservare lo spessore delle portiere, di una ventina di centimetri.

SPAZIO DEMODÉ

Con 487 centimetri di lunghezza (uno più della Jaguar S-Type) la XG chiaramente non è un’auto nata per favorire la praticità e ridurre gli ingombri. Può però contare su una gestione degli spazi veramente corretta. È una delle poche berline in cui cinque adulti possono davvero trovare un comodo alloggiamento, non stancante nemmeno sulle lunghe percorrenze. Oltre a ciò, dispone di un bagagliaio che definire capiente è poco; largo e profondissimo, il vano posteriore della XG è in grado di contenere l’indispensabile, il superfluo, e anche qualcosa di più, non facendo in nessun modo rimpiangere le monovolume, che attualmente vengono quasi sempre preferite alle berline da chi ha bisogno di molto spazio. Certo, l’ammiraglia coreana non ha l’appeal sbarazzino delle vetture a tutto spazio oggi così apprezzate, e forse è meno adatta a portare il pupo a scuola o il cane alla toilettatura, ma in quanto a spazio interno ha poco da invidiare, ad esempio, ad una Ford Galaxi o ad una Volkswagen Sharan.

MOTORE DA COPERTINA

L’asso nella manica (o forse sarebbe meglio dire "sotto il cofano") è il motore. Si tratta di una unità a benzina a sei cilindri da tre litri. La casa dichiara 188 cavalli di potenza ed una velocità massima di 225 chilometri orari. La coppia massima è superiore ai 260 Nm. Questo propulsore si pone al vertice della gamma Hyundai, appena al di sopra del 2.7 che equipaggia la Sonica e la Santa Fe. Tra i pregi del V6 coreano c’è anche quello, forse il più frivolo, di essere anche molto bello da guardare. Il layout di questo motore è infatti particolarmente curato, con una testata compatta e levigata più consona a stare sotto un vetro come studio di design che sotto un cofano per spingere un’auto. In ogni caso, questo è l’ennesimo segno che nel concepire la XG i tecnici coreani non hanno lasciato al caso davvero nulla.

COME VA

Poche sorprese al volante dell’ammiraglia Hyundai. Ci aspettavamo un motore generoso, e il V6 coreano non ha deluso le nostre aspettative, sebbene il comportamento della XG sia ben lontano da quello di una sportiva. L’erogazione è piena, corposa, ma estremamente progressiva: sopra i tremila e cinquecento giri il propulsore dà il meglio di sé, ma la spinta non è mai tale da attaccare chi guida al sedile. Il passo lungo e le sospensioni tarate morbide lasciano poco adito a dubbi: la nostra berlina è molto più a suo agio sul dritto (leggi "lunghe tratte autostradali") che sul misto. La sensazione, enfatizzata anche dal bel cambio automatico sequenziale, è quella di scivolare come sul velluto.

TURISMO VELOCE

Per chi vuole portare il relax ai massimi livelli, basta raggiungere la velocità di crociera desiderata e schiacciare il comando del cruise control, per dimenticarsi del tachimetro. Il comfort acustico è ottimo: il tre litri Hyundai fa sentire la propria voce solo quando si schiaccia fino in fondo l’acceleratore: in ogni caso, la prontezza nella risposta non è delle migliori, anche a causa dell’impostazione assolutamente turistica del cambio. Non a caso, il dato dell’accelerazione da fermo non è particolarmente notevole: 9,3 secondi nel passaggio da 0 a 100 all’ora, ma con 188 cavalli si poteva fare di meglio. In compenso, l’allungo è il piatto forte della XG, che a velocità da ritiro della patente è ancora stabilissima e non accusa vibrazioni preoccupanti. Attenzione però a ridurre drasticamente la velocità in curva, perché il rollio è importante.

RISPARMIATELE LA CITTÀ

Uno sterzo leggerissimo, che facilita le manovre a dispetto delle dimensioni e della visibilità non sempre ottimale: questo il pregio (l’unico) che bisogna riconoscere alla XG nella guida in città. Già, perché per il resto l’approccio della lunga berlina coreana con il denso traffico urbano ricorda quello dell’elefante alle prese con teche di cristallo. Prima di tutto, bisogna dire che non è immediata la confidenza del piede col grande pedale del freno: anche alle basse velocità, per fermarsi occorre schiacciare molto a fondo, ma non perché l’impianto sia poco potente, visto che può contare su quattro dischi di notevole diametro e di ABS con EBD. Un’altra voce che vede la grande Hyundai assai poco incline alla circolazione su strade cittadine è quella dei consumi: la casa dichiara percorrenze medie pari a 8,8 chilometri con un litro di verde, ma nel ciclo urbano la XG fa molto, molto meno (non più di 4-5 chilometri).

Pubblicato da Fabio Cormio, 10/12/2001
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