Moderna, razionale e pure "matica". La best-seller dell'Ovale blu punta anche lei su un cambio robotizzato con funzione sequenziale - ormai un classico per la categoria - abbinato al 1.4 da ottanta cavalli. Forse un po' "imbrigliati" per fare fuochi d'artificio, ma abbastanza vispi da togliersi qualche sfizietto senza prosciugare le finanze.
Squadrata ma non troppo, piccola ma meno di quello che sembra, compatta eppure con un bagagliaio da far vergognare una station. Il tutto con la politica dei prezzi Ford, che non è mai stata di quelle che costringono a vendersi un rene per comprare la macchina. Un vero e proprio concentrato di equilibrio questa Fiesta, un’auto intelligente per chi vuole la razionalità, ma ben impacchettata.
Molto "smart", insomma, nel senso inglese del termine, cioè "furba". Smart a partire dalla trasmissione, soprattutto sull’esemplare rosso con il quale ho avuto modo di muovermi su e giù per Milano semplicemente facendo tic-tac con il cambio.
Allusioni a parte, il cambio della Fiesta automatica – si chiama Durashift EST – colpisce subito per la velocità con cui passa da un rapporto all’altro, senza il solito momento di "vuoto" dei robotizzati. Sicuramente uno dei suoi maggiori pregi, da provare quando si arriva su una curva un po’ troppo veloci o quando c’è da rallentare. Anche perché di suo non è che questa Fiesta abbia un freno motore da camion, per cui la scalata in seconda al semaforo rosso è consigliabile, nonostante poi ci si fermi senza problemi grazie l’impianto (mediamente) potente.
Un colpettino alla leva meglio darlo comunque appena ci si rende conto che possa servire. Perché la Fiesta sarà pure intelligente, sarà la prima della classe, ma sotto il cofano non ha proprio una mandria di cavalli Mustang imbufaliti: se si vuole un po’ di brio, meglio schiacciare e tenere d’occhio il numerino che compare sul display. Se supera il 3 difficilmente la ripresa sarà da hot-rod. Del resto la Ford dichiara 13,5 secondi da zero a cento, e c’è da aspettarsi che con l’opzione matic il tutto si allunghi un pochino.
Lo sa anche il cervello elettronico che sovrintende a quell’organo misterioso fra il motore e le ruote: infatti in regime di "passeggiata, lungomare, partner che ti fa gli occhi dolci" le cambiate avvengono a circa 2500 giri, ma se si tiene premuto un po’ di più non è difficile sentire lo stacco intorno ai 4000. In questo caso il propulsore ruggisce, la Fiesta ritrova un po’ di vita e ci si può quasi divertire.
Se si cercano le prestazioni invece meglio smanettare, tenendo presente che le logiche automatiche autoadattive non si autoadattivano così velocemente. Per destreggiarsi fra accelerazioni, frenate e magari la souplesse della corsia destra è più efficace il "sequential"; che consente anche di anticipare le distrazioni del robotizzato in rallentamento (il piede destro scende, le marce no). Il consiglio comunque è di non scambiare la superstrada per una pista, e le stazioni di servizio per i box, perché non sembra che gli ingegneri abbiano lavorato esattamente per questo.
Peccato perché con lo Zetec Pack, montato come optional, sotto i passaruota girano dei notevoli 195/50 R 15 su cerchi in lega. L’effetto è che il telaio potrebbe reggere senza problemi anche qualche cavallino in più, non fa particolari capricci neppure quando stuzzico la macchina con curve molto strette – sempre a patto di diminuire la cifra digitale sul display.
Pure sullo sconnesso non delude, anzi: non sarà di una comodità idropneumatica, ma la "Fordina" è tranquilla, sincera senza andare in crisi nella prova pavé. Un bel cocktail, insomma. E poi, fanno un certo effetto quei pneumatici quando si parcheggia a ruote girate…
Con i suoi tre metri e 92 di lunghezza la Fiesta non è proprio una pulce (il che spiega molto della generosità del bagagliaio) ma infilarsi fra due auto in sosta o fare manovra in garage è stato più facile del previsto. Lo sterzo è leggero e preciso, come dimostra anche su strada, poi "lei" – furba – si muove anche al minimo: basta lasciare il freno e tac, la finta piccola si avvia.
Un bel passo avanti rispetto ad altre robotized, su cui si deve litigare con l’acceleratore per ottenere una progressività che evitasse di parcheggiare "al tocco", magari con i passanti che guardano. La contropartita è che nelle soste il pedale di sinistra deve essere giù, altrimenti la macchina avanza quando meno te lo aspetti. E nelle partenze "vere", quelle col gas, l’attacco è sempre un po’ troppo brusco, accompagnato da una frizione che slitta più di una Classe A con l’ASR spento.
Dove invece i "quasi quattro metri" si sentono tutti è nell’abitacolo, a partire dai sedili con regolazioni chilometriche e le portierone che sembrano quelle di un Ulysse. Sulla tre porte come quella in prova l’attacco delle cinture è un po’ spostato all’indietro, ma per il resto tutto ok: buoni materiali, stile da teutonica doc disegnato con la riga, ergonomia studiata e il montante anteriore sinistro non dà fastidio, anche se è più inclinato di quello della 5p.
Sulla Zetec tutto il necessario è di serie, meno il climatizzatore, e il volante ha la corona in pelle. Le dita ringraziano, anche se avrebbero gradito in più due belle levette per salire e scendere di rapporto con una semplice ginnastica di polpastrelli. La Fiesta non è ancora così "avanti", ma forse la sua è una scelta progettuale, quella di puntare sulla sostanza e rinunciare a spargere gadget elettronici in giro per l’abitacolo. Quindi, niente cruise control, fari che si spengono da soli, tergicristalli che alla prima goccia d’acqua scattano in automatico, compleanni che vengono ricordati dalla plancia con un Tanti Auguri polifonico.
Una filosofia che ha un nome, value for money. L’essenziale, ma ad un prezzo inferiore a quello delle concorrenti e con incentivi che sono un’altra rasoiata al listino. E poi il "clima" manuale ha fatto il suo dovere anche in una Milano arroventata anche senza visori digitali e tastino "auto" (peccato solo per la mancanza del vano portaoggetti refrigerato). Le mancanze sono altre, veniali, come i retrovisori non asferici, gli alzacristalli elettrici senza discesa automatica e l’assenza di spie cinture e luci (quest’ultima una vecchia tradizione Ford che si poteva abbandonare su un’auto da dodicimila euro).
I listini però parlano chiaro. Più economica della 1.4 automatica di questo test (12.150 euro) c’è solo la Opel Corsa 1.2 16v che monta il cambio Easytronic, disponibile pure con motore mille. Tutte le altre si accodano, con una punta di 15.300 euro per la Citroen C3 Sensodrive con motore 1.6 16v da 109 CV e dotazione ultracompleta.
Quello degli accessori è sempre un terreno scivoloso: l’esemplare in dotazione al sottoscritto era vestito con vernice metallizzata (300 euro), airbag laterali (250), clima manuale (750), autoradio 4500 con CD (390), retrovisori elettrici e riscaldabili (80) e Zetec Pack (600 euro per chiusura centralizzata con telecomando, tappetini in velluto, cerchi in lega e super pneumatici 195/50 R 15). Risultato? 14.250 euro. Per fortuna ci si può consolare con i consumi, che in questo day-by-day stando alle indicazioni della strumentazione sono risultati piuttosto contenuti. Anche con le scarpe grosse.