Il 30 agosto. Sabato. A Milwaukee (Usa). Se fate parte della "famiglia" non dovreste mancare, eventi così difficilmente riuscirete a vederne ancora... Se appartenete al "resto del mondo" inutile far finta di non saperlo. The Celebration farà clamore, sarà un evento sensazionale, unico. Sabato è il giorno fatidico, il giorno del compleanno. Il centesimo.
Come evitare che se ne parli quando per spegnere 100 candeline si scomoderanno almeno duecentomila biker (e forse molti di più; noi ci saremo e ve lo racconteremo) in sella alla loro motocicletta. Cose del genere capitano solo ai miti. E la moto in questione lo è. Anzi, è il mito in assoluto delle due ruote.
Era il 1903 quando tutto ebbe inizio. Quando il sogno di due ragazzi divenne realtà. Harley e Davidson i loro nomi. William S. Harley per l'esattezza, classe 1880, figlio di un emigrante inglese di Liverpool, e Arthur Davidson, da Aberdeen (Usa), nato nel 1881, tredici anni prima che
venisse al mondo la prima moto prodotta in serie della storia, la Hildebrand & Wolfmuller. 21 anni William e 20 Arthur. Due ragazzi, due compagni di studi con un'idea forte in mente: costruire una moto speciale.Nel 1901 il progetto di un motore è su carta. E due anni dopo il sogno si realizza. Come spesso avviene nelle storie americane - vedi Steve Jobs (Apple) e Bill Gates (Microsoft) - tutto ha origine in un ripostiglio, un box. All'epoca è una baracca di 4,5 metri per tre: quattro assi in croce, due finestrelle e sulla
porticina di ingresso il nome di una società destinata a diventare famosa: "Harley-Davidson Motor Co.", scritta a mano con pennello e vernice. Harley per primo, sia come riconoscimento per il suo ruolo di progettista (è suo il disegno del motore) sia perché così suonava meglio.Lì prende forma la prima HD della storia, una moto che assomiglia ancora a una bicicletta, ma che per i due giovani è l'inizio di una grande avventura. Il motore progettato inizialmente da Harley è un monocilindrico di 116cc, montato su una bicicletta, incapace di superare le dolci pendenze delle
collinette di Milwaukee.La cilindrata viene portata quindi a 450cc e per adattare la bici al peso maggiore viene progettato un telaio a culla più robusto. E' la prima vera HD, una rarità collezionistica pagata di recente 310.000 euro (per una versione del 1907). Se ne costruiranno otto nella capanna, prima del trasferimento in una sede più adeguata (nel 1906) in Juneau Avenue, ancora oggi sede del centro direzionale HD, meta obbligata per chi si recasse in pellegrinaggio a Milwaukee.
Le Harley piacciono, sono innovative, e i due giovani (a cui si sono aggiunti nel frattempo i fratelli William e Walter Davidson) ci mettono dell'ingegno anche nei risvolti commerciali. Puntano su slogan vincenti e aprono da subito una rete di concessionari (nel 1912 l’HD esporta in Giappone e negli Anni 20 ha 2000 concessionari distribuiti in 67 Paesi). Puntano anche sulle corse, sicuri di un vantaggioso ritorno di immagine sul marchio, come poi avverrà. Geni del marketing diremmo oggi, con un grande intuito e senso degli affari.
La svolta decisiva la segna nel 1909 un'altra idea di Harley: il V-twin, il motore bicilindrico a V di 45° con valvole laterali destinato a diventare l'emblema di questo marchio. Perfezionato più volte nel corso del tempo, viene utilizzato ancora oggi su quasi tutti i modelli di Milwaukee. E' il boom: le HD sfondano ovunque, piacciono, sono indistruttibili e la HD conquista il primo posto tra i produttori Usa. Il successo non si ferma nemmeno di fronte a guerre e crisi economiche.
Solo negli anni 70 arriveranno i tempi duri, quelli che rischieranno di far scomparire il mito. Saranno i nemici di sempre a provocare la crisi, i giapponesi, con le loro moto perfette, affidabili, veloci e potenti, ma senza anima. L’HD riuscirà ad uscirne (grazie anche ai dazi del 49% sulle importazioni di maxi moto jap, introdotte all'epoca dal governo di Ronald Reagan) puntando ancora una volta sul marketing. Saranno infatti i suoi "difetti", le sue contraddizioni, l'arma vincente.Le Harley-Davidson sono l'opposto delle moto giapponesi, non amano le pieghe, sono impacciate sulle strade europee strette e tortuose, vibrano come lavatrici in centrifuga, hanno forme classiche, borbottano mentre le altre schizzano via come saette. Ma basta guardarle per innamorarsene. Belle e luccicanti fanno breccia tra i giovani rampanti degli Anni 80, diventano uno status symbol e rilanciano l'azienda.
Mezzi che piacciono anche ai giovani del terzo millennio. Moto immense, cromate, paciose e confortevoli, simboli di un mondo avventuroso che lasciati alle spalle gli eccessi delle bande di teppisti degli Anni 50 o la voglia di stupire dei giovani degli anni sessanta, continuano a essere proposti con forme e modelli legati indissolubilmente al secolo scorso. Anche nei nomi: Sportster, Dyna, Softail, Electra Glide, 883, solo per citarne alcuni.Tranne uno, l’ultimo, quello della rivoluzione culturale HD. Quello del passaggio dall'aria al liquido (di raffreddamento), dalle linee classiche a quelle aerodinamiche, che sanno di futuro. E' il mondo V-Rod, con la tecnica che parla un po' tedesco (Porsche), l'alluminio a vista,
le concessioni alle leggi antinquinamento. Il bicilindrico però c'è sempre, quello non si tocca. Cambia solo la V, passata a 60°. Un niente.Nella gallery la storia Harley-Davidson è raccontata attraverso rare immagini d’epoca dei protagonisti e dei suoi modelli più famosi.